12.27.2010

Black Mountain - Wilderness heart (2010, Jagjaguwar)

Classic rock con tendenze hard e inserti psichedelici da manuale. Inebriante.

8/10

Highlights: The hair song, Old fangs, Radiant heart, Buried by the blues, Wilderness heart, The space of your mind.


12.24.2010

Plan B - The defamation of strickland banks (2010, 679 Recordings / Atlantic)

Ben Drew fino a poco tempo fa doveva la sua notorietà ad un disco hip-hop del 2006, intitolato "Who needs actions when you got words". Intorno alla fine del 2009 annunciò che il suo prossimo album sarebbe stato un concept soul, e giusto per confondere ulteriormente le idee lanciò un primo singolo ("Stay too long") pop-rock condito da cori, parti cantate in falsetto e una linea rap molto inglese. Ebbene, la spina dorsale di "The defamation of strickland banks" è decisamente soul, e di una qualità sorprendentemente elevata; il successo è stato tale che alla 679 Recordings non importa più niente delle doti di rapper di Ben. Ma lui se ne frega, constata candidamente che voleva fare un album soul e l'ha fatto, che lui l'hip-hop non lo molla (è pronto a promuovere da solo il suo nuovo "The ballad of Belmarsh") e che il prossimo disco che farà sarà reggae, o forse dubstep. Lasciamogli fare tutto quello che vuole.

8.5/10

Highlights: Love goes down, Writings on the wall, She said, Hard times, Prayin', Darkest place, Free, I know a song.

12.22.2010

12.17.2010

Daft Punk - Tron:Legacy (Original Motion Picture Soundtrack) (2010, Walt Disney Records)

Correva l’anno 1982, e nelle sale cinematografiche usciva un film prodotto da Disney intitolato Tron. Trama, ambientazione e realizzazione tecnica (alla quale collaborò un allora giovanissimo Tim Burton) erano qualcosa di molto “avanti” per i tempi, tanto che la pellicola viene oggi ricordata come la prima a diffondere in maniera concreta il concetto di realtà virtuale. Si parla di 28 anni fa. Ma prima di tornare al nostro 2010 è necessario fermarsi esattamente a metà strada. Nel 1996 esce un singolo che lancia una nuova band, denominato Da Funk. Il duo, composto dai francesi Thomas Bangalter e Guy De Homem-Christo, si rivela fin da subito come una grande scoperta nel mondo della musica elettronica, riuscendo a fare convivere suoni d’avanguardia e appeal pop come poche volte è successo nella storia. Stiamo parlando dei Daft Punk, naturalmente. Come se non bastasse il sound sconvolgente, Guy e Thomas si fanno notare anche per la stravagante idea di non farsi fotografare dalla stampa se non travestiti da robot, e di li a poco gireranno un video (quello di Around The World) che ancora oggi rimane qualcosa di unico e intoccabile. Il link è servito: tra coincidenze matematiche, impostazione culturale e attitudine futuristica è un attimo associare il film alla band, e la scelta di affidare la colonna sonora del sequel di Tron ai Daft Punk appare la cosa più giusta e imperscrutabile del mondo. E di colonna sonora a tutti gli effetti si tratta: 22 brani che accostano sezioni d’orchestra ai proverbiali suoni sintetici che da loro ti aspetti. E per l’occasione Bangalter e De Homem-Christo mettono finalmente in mostra in modo chiaro e inequivocabile la loro abilità di veri musicisti – aspetto che per ovvie ragioni era fino ad oggi passato in secondo piano visto il successo ottenuto attraverso la loro magica arte di scolpire il suono. E allora niente cassa in quattro, niente compressione in sidechain (quell’effetto risucchio che abbiamo apprezzato in One More Time, che inaugurò un metodo di lavoro di cui ora si fa largo (ab)uso in ambito dance), niente voci che urlano come chitarre elettriche distorte. In Tron: Legacy c’è spazio per adagi, notturni e temi dai tratti epici, drammatici e commoventi; il tutto ovviamente avvolto dalla produzione dannatamente geniale di quei due. Di quei due musicisti, per chi non se ne fosse ancora accorto.

8/10

Highlights: Tutto.

12.07.2010

Major Lazer - Guns don't kill people..lazers do (2009, Downtown music)

Soltanto il genio di due produttori fuori dalle righe come Diplo e Switch poteva partorire la storia di Major Lazer, soldato giamaicano che ha perso un braccio in una guerra segreta contro gli zombie nel 1984. E' una storia di bassline, compressioni estreme, effettistica dub spinta e quintalate di energia. Boombastico.

7.5/10

Highlights: Hold the line, When you hear the bassline, Can't stop now, Mary Jane, Bruk out, Pon de floor.

12.06.2010

Trent Reznor & Atticus Ross - The social network (2010, The Null Corporation)

Stralci di melodie radioattive.

7/10

Highlights: Hand covers bruise, In motion, Intriguing possibilities, Eventually we find our way, In the hall of the mountain king, On we march, Soft trees break the fall.

12.05.2010

Cheryl Cole - 3 words (2009, Fascination)

Il pop con evidenti influenze trance sdoganato da personaggi come Timbaland e Will.I.Am. (qui in sala di regia).

7/10

Highlights: 3 words, Parachute, Fight for this love, Rain on me, Make me cry.

12.01.2010

Brandon Flowers - Flamingo (2010, Vertigo)

Il debutto da solista della voce dei Killers, coadiuvato da Stuart Price, Brendan O'Brien e Daniel Lanois. Pulito (forse troppo) dal punto di vista della produzione, manca di varietà e ispirazione nella scrittura, configurandosi di conseguenza come un semplice accompagnamento alla discografia dei Killers, niente di più.

6/10

Highlights: Welcome to fabulous Las Vegas, Hard enough, Jilted lovers and broken hearts, Crossfire.

11.30.2010

The Count & Sinden - Mega mega mega (2010, Domino)

Party-music compressa all'ennesima potenza.

7/10

Highlights: Do you really want it, Hardcore girls, Elephant 1234, Hold me, Mega, Llamamè.

11.27.2010

My Chemical Romance - Danger days: the true lives of the fabulous killjoys (2010, Reprise)

Fatevi un favore: ignorate il primo singolo estratto dal nuovo album dei My Chemical Romance. Se doveste commettere l’errore di giudicare Danger Days sulla base di quella serie di scontati “Na na na” vi perdereste il bello. Già che ci siamo, forse è opportuno mettere da parte anche le divagazioni disco espresse in brani come "Planetary (go)" e "The kids from yesterday". Dopo avere trascurato queste incertezze mettetevi comodi e godetevi la conferma definitiva di quanto la musica di Gerard Way e soci non sia un affare esclusivamente da adolescenti. Perché tutto ciò che c’era di buono in quel compendio di energia ed ispirazione intitolato "The black parade" ritorna con un’altra maturità artistica. C’è la disinvoltura pop di pezzi come "Save yourself, I’ll hold them back" e "Sing", c’è la stilosa teatralità di "The only hope for me is you" (che oltretutto dimostra come i ragazzi sappiano implementare sapientemente le contaminazioni dance messe in discussione poche righe fa), c’è l’intensità emotiva di un lento come "S/C/A/R/E/C/R/O/W". Ma soprattutto c’è "Summertime", quello che proprio da loro non ti aspetti, nonostante abbiano sempre citato i Cure tra le loro influenze principali.

7.5/10

Highlights: Bulletproof heart, Sing, The only hope for me is you, Save yourself I'll hold them back, S/C/A/R/E/C/R/O/W, Summertime.

11.26.2010

Skream! - Outside the box (2010, Tempa)

Il secondo disco di Oliver Dene Jones non incide - ma forse non può incidere - come "Skream!", prezioso tassello che nel 2006 aprì le porte della melodia ad un fenomeno ultra-dark come il dubstep. In "Outside the box" il talento di Londra si prende alcune libertà più che giustificate, aprendosi a suoni che appartengono ad altri mondi (in particolare electro e trance) e così imbastardendo ulteriormente il suo stile - già meticcio per definizione. La messa a fuoco ne risente: la testimonianza più evidente è il featuring con La Roux ("Finally"), che non riesce a bissare lo splendore del remix di "In for the kill"(mezzo capolavoro e hit crossover nel 2009).

7/10

Highlights: 8 bit baby, Where you should be, How real, I love the way.

11.24.2010

N.e.r.d. - Nothing (2010, Star Treck Entertainment / Interscope)

Il verbo funk, l'inclinazione soul e la vena sperimentale di Pharrell Williams e Chad Hugo a quasi dieci anni dalla formazione dei N.e.r.d. sono intatti più che mai. L'arrangiamento di "Hypnotize u" ricalca i tratti di "Drop it like it's hot", con il suo algido minimalismo tecnologico che si contrappone a vocalizzi in stile Prince. "Help me" ruba un po' da Nine Inch Nails e un po' dai Doors senza farsi troppi problemi e il risultato è una goduria per le orecchie. Il singolo "Hot-n-fun" è quanto di meglio si possa ascoltare in un programma radiofonico, senza dubbio. L'impatto è riservato a questi brani e agli altri numeri più up-tempo (la buona "Sacred temple", la meno buona "I wanna jam" e l'insipida opener "Party people"), mentre altrove sono necessari diversi ascolti per apprezzare a fondo le intenzioni del duo, capace di continuare ad osare laddove altri avrebbero più semplicemente cavalcato l'onda.

7.5/10

Highlights: Hypnotize u, Help me, Victory, Nothing on you, Hot-n-fun, It's in the air, Sacred temple.

11.22.2010

Morcheeba - Blood like lemonade (2010, PIAS)

C'erano una volta i Morcheeba, band capace di diffondere il verbo del trip-hop smussandone gli angoli e contribuendo a farlo emergere dal pantano dell'underground. Poi un brutto giorno Skye se ne andò, e niente funzionò come prima (anche perchè "Fragments of freedom" aveva sacrificato un po' troppa anima in favore delle luci della ribalta). Da allora solo dischi anonimi ("Charango", "The antidote" e "Dive deep"). Ora, come da bollino che strilla in copertina, Skye è tornata; ma questo non basta per ravvivare una formula stantia e piatta, che aveva un senso più di dieci anni fa, non oggi. Come se non bastasse, a livello prettamente melodico il confronto tra i nuovi brani e pezzi come "Trigger hippie" o "The sea" non potrebbe reggere nemmeno con tutta la buona volontà del mondo. Come diceva Phil Collins: "You can't turn back the years".

5/10

Highlights: Crimson, I am the spring, Beat of the drum.

11.20.2010

11.19.2010

Booka Shade - More! (2010, Get Physical)

Da Walter Merziger e Arno Kammermeier ti aspetti un brano come "Teenage spaceman": quell'incrocio perfetto tra techno e house, con la ritmica percussiva che va a compensare il movimento lento dei synth che si aprono e chiudono in un viaggio dove i quattro quarti ci sono ma non vengono mai esasperati. Al limite si sfora in "L.A. tely", dove i quattro quarti si trasformano in sei ottavi, ma la ricetta regge sempre che è una meraviglia. Ti aspetti anche la deep-house di "Divine", la vibra old-school di "This is not time", o un pezzo a metà strada come la ben riuscita "Bad love". Il lato più "Claude Von Stroke" del duo viene fuori in "Havanna sex dwarf" e "Scaramanga", pezzi ispirati di ottima fattura. Il resto riempie il disco, senza però cadere nel brutto (ma nel banale si).

7/10

Highlights: Havanna sex dwarf, Teenage spaceman, Divine, Scaramanga, L.A. tely, Bad love.

11.18.2010

11.10.2010

The Xx - Xx (2009, Young Turks / XL)

Solitarie note di chitarra immerse in lunghi riverberi, sussurri delicati e dolorosi, bassi composti, batterie educate e un alone misterioso che provoca i brividi senza approfittarsene e sforare nella malinconia patetica e fine a se stessa. Tradotto: come essere minimali e semplicemente brillanti.

8.5/10

Highlights: Vcr, Crystalized, Islands, Shelter, Infinity, Night time, Stars.

11.08.2010

Sade - Soldier of love (2010, Rca / Epic)

Tonnellate di delicatezza gestite con classe.

8/10

Highlights: The moon and the sky, Soldier of love, Babyfather, Be that easy, In another time, Skin.

10.30.2010

Tim Exile - Listening tree (2009, Warp / Planet Mu)

Genialità a servizio della melodia o viceversa? In entrambi i casi "Listening tree" è talmente brillante che a tratti diventa inevitabile chiedersi come faccia Tim Shaw a concepire certi passaggi ritmici che sfidano la matematica non rinunciando alla forma canzone. I suoni sintetici e le drum machine si rincorrono in swing spinti all'estremo, gli arrangiamenti cambiano faccia con una velocità spaventosa, il concetto di pattern muore al cospetto di esperimenti e improvvisazioni e tutto si fonde in un'estetica pop astratta e personalissima.

9/10

Highlights: Tutto.

10.27.2010

Maroon 5 - Hands all over (2010, A&M Octone)

Il bello e il brutto della stragrande maggioranza delle commedie romantiche è che nel momento in cui cominci a guardarle sai perfettamente come andranno a finire. Ecco, i Maroon 5 sono un po’ le commedie romantiche della musica pop degli anni zero. Così compri online il loro nuovo disco (perché va bene il romanticismo, ma non credo che esistano ancora delle anime talmente romantiche da utilizzare gli antichi lettori compact disc) e fai doppio clic sul pezzo uno ("Misery"), che naturalmente è anche il primo singolo. Bello. A suo modo funky. Dieci secondi di intro e poi bando alle ciance, stiamo facendo del pop qui. Al secondo trentatré arriva il primo ritornello, e accade che dopo la frase “I am in misery” non solo sai già che Adam Levine dirà “There ain’t nobody who can comfort me”, ma lo potresti già intonare alla perfezione. Le note di "Never gonna leave this bed" lasciano poco spazio a scommesse ardite: se non sarà il secondo singolo sarà il terzo, ma comunque in radio prima o poi ci finirà. Brano dopo brano, la sensazione di familiarità si fa sempre più intensa; in "Hands all over" non c’è la benché minima sorpresa, e se i Maroon 5 avessero scritto in passato qualcosa di fondamentale per la musica sarebbe pure un bene. Ma non l'hanno fatto, e non sarà certo per questo disco che un giorno verranno ricordati - semmai dovesse succedere.

5/10

Highlights: Give a little more, I can't lie, Get back in my life, Runaway.

10.25.2010

Klaxons - Surfing the void (2010, Polydor)

Non si odono sirene. Non ci sono cover di pezzi storici di Paul Oakenfold. Di quella parziale attitudine dance che aveva caratterizzato "Myths of the near future" è rimasto poco o niente. Oltretutto la manfrina del New Rave è morta e sepolta da un pezzo. E allora come si può descrivere oggi la musica dei Klaxons? Facile, togliendo (finalmente) quella patina discutibile di hype che li ha accompagnati fin dal debutto e tornando alla realtà: sono semplicemente una band indie che suona con tanta energia. Limpido il tocco in regia di Ross Robinson (il produttore di Slipknot e Korn), che stressa ogni particella di aria disponibile con una compressione talmente spinta che spesso e volentieri fa rima con distorsione, conferendo al disco un impatto sonoro decisamente violento – che fatalmente a tratti diventa impegnativo.

6.5/10

Highlights: Echoes, Surfing the void, Venusia, Flashover, Future memories.

10.11.2010

Gil Scott-Heron - I'm new here (2010, XL)

Perché anche nel 2010 la rivoluzione non verrà trasmessa in televisione.

7.5/10

Highlights: On coming from a broken home (Part I), Me and the devil, I'm new here, I'll take care of you, On coming from a broken home (Part II).

10.08.2010

Nancy Elizabth - Wrought iron (2009, Leaf)

Acustico splendore.

7.5/10

Highlights: Bring on the hurricane, Tow the line, Feet of courage, Divining, Lay low, Winter baby.

10.03.2010

Rox - Memoirs (2010, Rough Trade)

Roxanne Tataei e il suo neo-pop-soul dalle potenzialità devastanti rimaste in questo debutto ancora parzialmente inespresse.

7/10

Highlights: No going back, Do as I say, My baby left me, Forever always wishing, Heart ran dry.

9.28.2010

Martin Buttrich - Crash test (2010, Desolat)

Dalla fine degli anni 90 silenzioso autore e producer eclettico dietro a nomi come Timo Maas, Sugarbabes e Sounds Of Life, Martin Buttrich ha poi deciso di venire allo scoperto con il suo nome attraverso una serie di dodici pollici su etichette ultra-quotate della scena dance (Planet-E, Four:Twenty e Poker Flat). "Crash test" è il suo primo full lenght, e impressiona per coerenza e precisione stilistica, riuscendo nel suo minimalismo ad integrare elementi jazz con la naturalezza di chi ne sa.

7.5/10

Highlights: Back it up, I'm going there one day, Hoochie mama, Song six, You must be this high, You got that vibe.

9.26.2010

Royksopp - Senior (2010, Wall Of Sound)

Come si legge sul sito ufficiale: Senior è la controparte introversa, rimuginante e talvolta aggraziata di Junior, colmo di segreti oscuri e ricordi distorti. Pochi come Svein e Torbjorn hanno il dono di creare melodie così giocose e fiabesche. E il dono è qui, tangibile e vivo, in mezzo a linee di basso funk, dolci organetti che saltellano e una patina psichedelica che avvolge il tutto con estrema delicatezza.

8/10

Highlights: Tricky two, The alcoholic, Senior living, The fear, Coming home.

9.21.2010

Goo Goo Dolls - Something for the rest of us (2010, Warner Bros)

Ci sono band che si evolvono costantemente, album dopo album, tracciando una linea a 45 gradi nel grafico tempo/maturità. Altre band invece fanno le stesse cose per una vita, per poi venire improvvisamente fulminate da qualche evento e imboccare strade che non avresti mai immaginato. Bene, all’alba del nono disco si può ragionevolmente affermare che questi avvenimenti non faranno mai parte della storia dei Goo Goo Dolls. La band di Buffalo si è assestata dopo i primi tre dischi in quel contesto che sommariamente viene definito pop-rock, raggiungendo l’apice della celebrità mondiale con l’album "Dizzy up the girl", poco prima della virata del millennio. Sulla scia di un singolo rilevante come "Iris" ne è arrivato un altro ("Here is gone") con il successivo "Gutterflower" (2002). E poi? Un "Let love in" (2006) - tutt’altro che brutto, ma decisamente prevedibile – e un più che giustificato "Greatest hits". 4 anni dopo il discorso non cambia di una virgola; se è un bene o un male decidetelo voi.

6.5/10

Highlights: As I am, Notbroken, Nothing is real, Still your song, Soldier.

9.19.2010

Linkin' Park - A thousand suns (2010, Warner Bros)

Quando Mike Shinoda annunciò che il quarto disco dei Linkin Park sarebbe stato un concept molti diedero poco peso alla notizia. Per tutta risposta "A thousand suns" inizia non con una intro, ma con due. E l’aria che tira non è affatto leggera: l’apertura ("The requiem") gira attorno ad una voce lontana che recita un mea culpa apocalittico, decretando la nostra fine nel fuoco di mille soli a causa dei peccati commessi da noi, dai nostri antenati e dalla nostra prole. La tensione sale ancora di più quando "The radiance" cita Robert Oppenheimer, il fisico statunitense ricordato per avere contribuito alla creazione della prima bomba atomica (fatto che lo indusse a rifiutare di collaborare alla creazione della bomba ad idrogeno). Il tema del fuoco ritorna subito nel primo vero pezzo dell’album ("Burning in the skies"), dove Chester Bennington canta di innocenza bruciata nei cieli. Si respira inquietudine anche nella percussiva "When they come for me", che fa leva su un rap arrabbiato alla Public Enemy (anche se una citazione molto più lampante arriverà più avanti con "Wreteches and kings"). Il barlume di speranza che affiora con "Robot boy" (“Il peso del mondo ti darà la forza per continuare”) è effimero, dato che il brano è seguito dai pensieri cupi di "Jornada del muerto", "Waiting for the end" e "Blackout". Da brividi il discorso di Martin Luther King su Wisdom Justice And Love che conduce all’emozionante "Iridescent": ecco un altro tentennio verso la speranza subito troncato (da "Fallout", una sorta di reprise del requiem in apertura). Arriva il momento del singolo "The catalyst", che però non c’entra nulla con le hit spaccachart dei Linkin Park che siamo abituati a sentire in radio. La conclusiva e sanguinante "The messenger" provoca un ultimo sussulto e ti lascia lì a meditare ancora un po’, come se ce ne fosse bisogno. E’ scritto anche nelle note di copertina: non volevamo scrivere un disco prevedibile, volevamo osare, a costo di perdere la coscienza “commerciale”. Magari in futuro faranno un passo indietro, ma intanto godiamoci lo splendido presente.

8/10

Highlights: Burning in the skies, Robot boy, Waiting for the end, Iridescent, The catalyst, The messenger.

9.14.2010

Hurts - Happiness (2010, Rca/Sony)

Considerato il livello di revival raggiunto dai tempi che corrono, c'è davvero bisogno di un duo che vuole rendere omaggio all'epoca del synth-pop? Probabilmente la risposta più votata sarebbe no. Ma si sa che la musica tutta negli ultimi anni si è infilata in un tunnel privo della proverbiale luce in fondo, dove il discorso del bisogno non regge più. Si tratta di considerare lo spazio; c'è quindi spazio per un nuovo duo che vuole rinverdire i fasti dei prima disprezzati e in seguito esaltati anni 80? Ebbene, Theo Hutchcraft e Adam Anderson da Manchester lo spazio se lo creano. Ma non a suon di gomitate e spintoni: non è lo stile che preferiscono. Loro si mettono li in copertina, composti e pettinati, in un essenziale bianco e nero che li rende seri e decisi. Cantano di amore e dolore, riempiono gli arrangiamenti di riverberi senza vergogna, puntano su melodie intense ed evitano accuratamente la legge del "less is more" tanto cara ai producer del nuovo secolo. E come per magia da quei suoni sintetici viene fuori un disco caldo ed emozionante, che rapisce ascolto dopo ascolto senza stancare.

7.5/10

Highlights: Silver lining, Blood tears & gold, Stay, Evelyn, Devotion, The water.

9.12.2010

The Phenomenal Handclap Band - The Phenomenal Handclap Band (2009, Tummy Touch)

Un ibrido space-rock/funk così ben riuscito non è da tutti i giorni. Roba per palati fini, si intende.

8/10

Highlights: All of the above, Testimony, Give it a rest, You'll disappear, 15 to 20, I been born again, The circle is broken.

9.06.2010

Arcade Fire - The suburbs (2010, City Slang)

C'è una cosa che colpisce immediatamente ascoltando i tre brani che aprono il nuovo lavoro degli Arcade Fire: la vena espressiva di gran lunga più leggera rispetto a quanto ci avevano fatto ascoltare in precedenza. I toni ultra-cupi di "Funeral" e "Neon light" vengono smorzati da un suono classico e talvolta spensierato ("Ready to start"), ritmi che si riallacciano con facilità a folk e country, pianoforti che scandiscono il tempo in battere ("The suburbs") e perfino un ammiccamento spinto al rock radiofonico anni 80 ("Modern man") tutt’altro che fuori luogo. La tensione emotiva che conosciamo appare con "Rococo" - dove le pennate che trascinano un tempo moderatamente lento sono accompagnate da cori e archi - e soprattutto con "Empty room", dove la tensione iniziale viene improvvisamente squarciata da un turbine sonoro sostenuto e d’impatto. L’impasto di chitarre che caratterizza "City with no children" è seguito da una drammatica "Half light I", che sfocia in una seconda parte più ritmata ma comunque inquietante. "Suburban war", "Wasted hours" e "Deep blue" riportano tutto alla pura classicità che ha aperto l’album, ma in mezzo c’è il rock’n’roll aggressivo - quasi punk - di "Month of may" a spezzare l’incantesimo. Il singolo "We used to wait" è un’ode nostalgica, sospesa e speranzosa, mentre prima della reprise di "The suburbs" che chiude il disco ecco che l’eclettismo della band tocca l’apice con "Sprawl" I e II: l’intimità toccante della prima parte si rovescia in un lucido farneticamento post-disco che proprio non ti aspetti. Non è più tempo di stupirsi di fronte alle intuizioni geniali dei ragazzi di Montréal; adesso bisogna elogiare la padronanza dei mezzi che hanno messo in luce con "The suburbs", un album che molti gruppi – anche più affermati - possono solo sognare.

8.5/10

Highlights: Tutto.

8.22.2010

Kula Shaker - Pilgrim's pregress (2010, Strangefolk)

Il definitivo addio alle tentazioni mainstream di Crispian Mills e soci è un piacere dal gusto retrò che si fa gustare da cima a fondo, senza interruzioni.

8.5/10

Highlights: Tutto.

8.17.2010

Hot Chip - One life stand (2010, Parlophone/Astralwerks)

Gli Hot Chip sono sempre stati bravi a mescolare melodie cristalline ed elementi sintetici e giocosi appartenenti al regno del synth-pop con quella dose di funk necessaria a donare anima live alla loro musica. Nel loro quarto disco la formula non viene toccata eccessivamente, e la vittoria più che negli arrangiamenti sta nella scrittura; là dove non svetta in modo particolare la destrezza compositiva ("Brothers", "Alley cats", "We have love") si accusa una leggera stanchezza, mentre pezzi come "Thieves in the night" e "Hand me down your love" sono capaci di farti cominciare la giornata con un gran bel sorriso stampato in faccia.

7/10

Highlights: Thieves in the night, Hand me down your love, I feel better, One life stand, Slush.

8.16.2010

Jónsi - Go (2010, Parlophone)

L'esordio solista del leader dei Sigur Ros ne rappresenta il limite pop; le melodie appaiono infatti molto più identificabili rispetto a quelle cantate con la sua band, ma sono comunque sostenute da arrangiamenti bastardi che accostano senza problemi il mondo acustico a quello digitale, in un impasto sonoro vario e fiabesco. Che il signor Birgisson avesse il dono lo si sapeva già; "Go" è una soave conferma.

7.5/10

Highlights: Go do, Tornado, Boy lilikoi, Sinking friendship, Hengilas.

8.07.2010

Guns N' Roses - Chinese democracy (2008, Geffen)

Chi l'avrebbe detto? Il buon Axl solo contro tutti che vince la scommessa. Inchinarsi senza vergogna.

8/10

Highlights: Shackler's revenge, Better, Street of dreams, There was a time, Catcher in the rye, Riad n' the bedouins, This I love.

8.06.2010

Wolfmother - Cosmic egg (2009, Modular)

Nonostante la line-up della band sia cambiata radicalmente rispetto al disco di debutto, non cambiano di una virgola i riferimenti storici. E quindi vai di riff assassini, acuti iperbolici e citazioni hard/stoner-rock. Niente miracoli dunque, ma è innegabile che Andrew Stockdale faccia piuttosto bene quello che vuole (e gli piace) fare.

7.5/10

Highlights: California queen, New moon rising, Sundial, Cosmic egg, Far away, Back round.

8.03.2010

Faithless - The dance (2010, PIAS/Nate's Tunes)

Il sesto album dei Faithless parte senza nessun preambolo, ma paradossalmente fa un po' fatica a decollare. Il singolo "Not going home" si fa ascoltare ma non stupisce certo per originalità; "Feel me" invece sa di X-Press 2 scaduti, e l'intermezzo reggae "Crazy bal'heads" è un pesce fuor d'acqua. La stanchezza viene parzialmente ridimensionata da "Coming around", ma non è un caso se "Tweak your nipple" inizia con Maxi Jazz che da un altro benvenuto all'ascoltatore; è proprio dalle svisate trance di questo pezzo che "The dance" comincia a convincere. La parentesi downbeat composta da "Flyin hi" (poesia) e "Love is my condition" è un toccasana per l'anima, e la voce della brava Mia Maestro funge da riscaldamento per l'entrata in scena della sorellina di Rollo, meglio nota come Dido: "Feeling good" fa il suo dovere, anche se è "North star" il pezzo che entra nel cuore. Adesso si che ci siamo; adesso è il momento di giocare l'asso. "Sun to me" è un anthem di proporzioni epiche, da conservare preferibilmente per l'attimo fuggente in cui il sole comincia a fare capolino dopo una notte brava. I dubbi iniziali svaniscono: si può tornare a casa con un sorriso.

7.5/10

Highlights: Tweak your nipple, Flyin hi, Love is my condition, Feelin good, North star, Sun to me.

8.01.2010

Caribou - Swim (2010, Merge/City Slang)

Il genio di Daniel Victor Snaith che si destreggia tra pop raffinato e saltellante ("Odessa") e techno-jazz minimalista e ipnotica ("Sun"), dolce synth-pop sospeso nel nulla ("Kaili") ed eleganti progressioni electro ("Found out"), intelligent dance music in quattro quarti ("Bowls") e disco anni zero ("Leave house"), pseudo-house storta e narcotica ("Hannibal", "Lalibela") e sghembo soul futuristico ("Jamelia"). Un mondo magico dove si incontrano matematica e anima, dove la cura per i particolari va a braccetto con brani di un certo spessore melodico, dove intrecci apparentemente improbabili suonano naturali e freschi.

9/10

Highlights: Tutto.

7.29.2010

Teenage Fanclub - Shadows (2010, Pema/Merge)

Il bello e il brutto dei Teenage Fanclub è che potrebbero anche passare lustri, ma loro continuerebbero a suonare la musica che fanno da vent'anni a questa parte senza problemi.

7/10

Highlights: Baby lee, The fall, Dark clouds, The past, Today never ends.

7.20.2010

Autokratz - Animal (2009, Kitsunè)

I passi in avanti rispetto allo sciatto mini-debutto "Down & out in Paris & London" sono evidenti, ma le undici tracce contenute in "Animal" faticano parecchio quando si tratta di affrontare la difficile questione della personalità. I problemi principali si identificano nella banalità della voce, nelle stesure piatte e il più delle volte prevedibili e nella ricerca ostentata dei rumorismi Kitsunè - oramai offuscati dal tempo che scorre. I momenti buoni ci sono, ma si tratta di composizioni assolutamente derivative, dove i punti di riferimento sono il synth-pop e l'elettronica degli anni 90. Ciò nonostante il disco suona e riesce ad intrattenere - pur senza stupire.

7/10

Highlights: Stay the same, Speak in silence, Can't get enough, Gone gone gone, Human highway, Last show.

7.15.2010

Pendulum - Immersion (2010, Warner)

E all'alba della terza prova arriva la consacrazione. Chiacchierati e (forse) inizialmente esaltati oltre le loro potenzialità, i Pendulum rappresentano oggi quello che sono stati i Prodigy negli anni 90 - con tutti gli ovvi limiti del caso. E a questo proposito, la citazione del riff acido di "Poison" nel breakdown di "Salt in the wounds" non sembra affatto casuale; pare piuttosto un vero e proprio omaggio ai loro indiscussi maestri. "Immersion" è un gioco analogico e melodico basato su contrapposizioni tra quiete e violenza sonora ("Watercolour", "Witchcraft"), su di una attualizzazione perfetta degli anni d'oro del rave ("Set me on fire", "The vulture") e su ritornelli amichevoli arrangiati in chiave drum'n'bass maleducato ("Crush", "Under the waves", "The fountain"). C'è anche un pezzo dance dapprima delicato ("The island pt.1") e poi ultra nervoso ("The island pt.2") da fare impallidire Deadmau5 e Boys Noize in un colpo solo. E poi un brano quasi industrial ("Comprachicos") da applausi. Un disco dalle mille sfaccettature, solido e ottimamente prodotto.

8/10

Highlights: Salt in the wounds, Watercolour, Set me on fire, Under the waves, The island pt.1 (Dawn), The island pt.2 (Dusk), Comprachicos.

7.14.2010

Laurent Garnier - Tales of a kleptomaniac (2009, PIAS)

Laurent, fermamente ancorato agli anni 90 nel senso positivo del termine, che mescola vecchia scuola hip-hop, viaggi Detroit e il suo eclettismo jazzy. Disco ben prodotto (cos'altro aspettarsi?), che però troppe volte si perde in lunghi momenti di noia. Dignitoso, sebbene lontano da certi standard.

6.5/10

Highlights: No musik no life, Gnanmankoudj (Horny Monster Mix), Dealing with the man, Bourre pif (avant bath time!).

7.05.2010

Chemical Brothers - Further (2010, Parlophone)

I cinque minuti che danno il benvenuto a "Further" ti portano indietro di una decina di anni. Precisamente a "Come with us", che vide la luce nel momento d'oro del duo, quando il loro suono - dapprima un concetto riservato a pochi - divenne un vero e proprio standard, spesso emulato ma mai eguagliato. Fanno pensare al meglio, quei cinque minuti. E la conferma non tarda ad arrivare: "Escape velocity" ruba un riff ai Who, lo contorce e lo sbatacchia qua e là tra pulsazioni acide e una cassa intransigente, crescendo brutalmente a dismisura fino a farti scoppiare il cervello. Dopo tanta irruenza la decompressione di "Another world" - sottoforma di una techno più lenta e dalle atmosfere celestiali - ti lascia in una strana estasi post-rave, nudo e stremato, sdraiato su una pista da ballo deserta con gli occhi lucidi. L'attitudine psichedelica di "Dissolve" (un pezzo rock a tutti gli effetti), un esercizio di stile burlesco come "Horse power", la sublime esperienza eterea del singolo "Swoon" e un viaggio dai contorni epici come "Wonders of the deep" riprendono un discorso indie interrotto qualche album fa senza inventare nulla di nuovo, ma rafforzando la convinzione che Ed Simmons e Tom Rowlands siano ritornati in splendida forma.

8/10

Highlights: Snow, Escape velocity, Another world, Swoon, Wonders of the deep.

7.02.2010

We Are The Fallen - Tear the world down (2010, Universal)

Ci sono dischi che a giudicare dal titolo o dalla copertina talvolta possono riservare sorprese. Non è questo il caso del debutto di We Are The Fallen, che con quella bimba vestita di bianco inserita in un contesto notturno e decadente fa tutto il possibile per comunicare il suo gusto gotico. Tre dei cinque membri della band hanno fatto parte in passato degli Evanescence, ma se li doveste incontrare non fate il nome di Amy Lee, perchè a quanto pare non sono rimasti in buoni rapporti. La voce Carly Smithson arriva invece da American Idol, e ha un album solista seguito da una veloce liquidazione da parte della MCA alle spalle - classica favola moderna finita male, verrebbe da dire. Sommando nome, copertina, note di credito e ascolto appare quindi scontato il risultato: alternative metal - o come lo volete chiamare - con tutti gli ingredienti giusti nelle giuste dosi. Forse proprio per questo, piuttosto nella media.

6/10

Highlights: Bury me alive, Don't leave me behind, Sleep well my angel, I will stay.

6.30.2010

Gabin - Third and double (2010, Universal)

Chi fa da sè fa per tre: Filippo Clary e Max Bottini, duo romano d'esportazione (merce rara quando c'è di mezzo l'Italia), decidono di comporre un disco doppio da "separati in casa". Mia Cooper è la voce che fa da collante al progetto (nonchè autrice della maggior parte dei testi), che vede anche la partecipazione di artisti internazionali del calibro di Z-Star, Chris Cornell, Nadeah Miranda, Flora Purim e Gary Go. Una sublime dimostrazione di come raggiungere il perfetto equilibro tra soul, jazz e pop.

8/10

Highlights: Keep it cool, So many nights, The alchemist, Life can be so beautiful, Lies, The game, Lost and found, City song, Ready set go!, Between the lines.

6.29.2010

Kelis - Flesh tone (2010, Interscope)

I tempi delle derive soul, delle citazioni funk e dell'attitudine r&b sono andati. Se vuoi essere pop oggi devi essere dance - anche a costo di "rinnegare" dei momenti di puro splendore che hanno caratterizzato la tua carriera. "Kaleidoscope", il raffinato disco del 1999 che aveva presentato Kelis al mondo, non potrebbe sembrare più lontano; i ritmi lenti e sinuosi vengono seppelliti da drum-machine compresse all'esasperazione, l'incedere hip-hop è cancellato da quattro secchi e imprescindibili quarti, gli strumenti veri sono a prendere la polvere in soffitta mentre adesso gli arrangiamenti vengono affidati alla freddezza di sintetizzatori analogici (quando va bene) o emulazioni virtuali dei suddetti (quando va meno bene). Passi il gradevole singolo "Acapella" (con la produzione di quel prezzemolo di Guetta), evviva i fratelli Benassi (che producono due tracce ascoltabili), ma la sensazione è che qui il talento vocale di Kelis sia assolutamente sprecato. E' proprio obbligatorio essere pop?

4.5/10

Highlights: 4th of July (fireworks), Acapella, Emancipate, Brave.

6.26.2010

Groove Armada - Black light (2009, Cooking Vinyl)

I Groove Armada e il pop hanno sempre avuto una relazione tutt'altro che complicata. Sin da quando manipolavano i campioni di Chi-Lites e Patti Page trasformandoli rispettivamente in "If everybody looked the same" e "At the river" si capiva che le loro intuizioni, per quanto espresse con un'attitudine "underground", avevano un legame stretto con i gusti del popolo. La differenza è che oggi Tom Findlay ed Andy Cato ci mettono la faccia per intero (= scrivono i pezzi loro, dall'inizio e senza ricorrere a sample "di partenza"); è evidente che il processo è totalmente differente (dj-oriented il primo, da musicista vero il secondo). In più "Black light" fa ampio sfoggio di un suono chitarristico e pieno - per definizione "pericoloso" (non è un caso se l'approccio "less is more" è sempre stato uno dei più seguiti dai producer di musica elettronica). Naturale quindi che ci sia un po' di disorientamento iniziale e che alcuni brani non riescano ad andare al di là di una buona idea pasticciata ("Cards to your heart", "Warsaw" e "Time and space" sono esempi lampanti di tutto ciò). Ci sono però dei brani da promuovere nonostante siano stati spinti ai limiti da un mixaggio violento e confuso ("I won't kneel" e "Paper romance"), c'è quella perla post-soul di "Fall silent" e c'è lo stile rassicurante di Bryan Ferry in "Shameless". Un po' poco per potere parlare di un disco all'altezza della fama dei Groove Armada, ma sarebbe sbagliato non accorgersi del fatto che "Black light" rappresenti una fase di transizione a tutti gli effetti.

6.5/10

Highlights: Fall silent, I won't kneel, Paper romance, Shameless

6.25.2010

Train - Save me San Francisco (2009, Columbia)

Virtuosi della chitarra, toglietevi di mezzo. Ingegneri del suono, fatevi da parte. Matematici degli accordi, cercate altrove. I Train non fanno per voi, e di sicuro alle vostre orecchie questa non suonerà come una novità. Però i ragazzi a loro modo sono bravi e sinceri: dedicano un disco alla città che li ha fatti incontrare e che li ha visti crescere. Azzeccano un singolo dall'anima reaggae che funziona in maniera perfetta. Lo contornano di pezzi dalle melodie semplici e dagli arrangiamenti efficaci. Infine interpretano il tutto con una certa padronanza - si faccia avanti chi è pronto a criticare la voce di Patrick Monahan. L'estate è qui. Che facciate o meno parte delle categorie di cui sopra poco importa: cercate comunque di trovare il tempo per una ballad dei Train ogni tanto - fa bene all'anima.

7.5/10

Highlights: Hey soul sister, Parachute, If it's love, Words, Brick by brick, Marry me.

6.23.2010

Hole - Nobody's daughter (2010, Mercury / Island Def Jam)

Conoscendo il caratterino di Courtney Love era lecito aspettarsi che la disapprovazione di Erlandson avrebbe avuto l'importanza del due di picche quando la briscola è fiori. E Courtney ha deciso di riformare gli Hole in occasione del quarto disco che vede la luce ad otto anni dallo scioglimento ufficiale della band. Detto senza mezzi termini, "Nobody's daughter" non raggiunge i picchi pop di "Celebrity skin" e non possiede - anche per ovvie ragioni di tempistica - l'impatto emotivo e l'ispirazione di "Live through this". Si configura piuttosto come un album libero da vincoli discografici e storici, colpendo nel segno soprattutto quando la vedova Cobain mette da parte l'arrabbiatura fine a se stessa e si lascia andare a cantati paragonabili (tecnicamente) a flussi di coscienza: le parole volano modellate e storpiate da quel suo fare in apparenza menefreghista ma sotto sotto profondo, circondando i pezzi (quelli giusti) di un alone misterioso e agrodolce, a suo modo assuefacente. Le confessioni di "Letter to God" rappresentano l'apice della sofferenza nostalgica che permea l'intero disco, che pur non essendo un capolavoro merita una certa attenzione, soprattutto da parte di chi ha nel cuore "Live through this".

8/10

Highlights: Nobody's daughter, Honey, Pacific Coast Highway, Someone else's bed, For once in your life, Letter to God.

6.15.2010

Goldfrapp - Head first (2010, Mute)

O anche: l'infatuazione anni 80 mai doma che ritorna dopo un disco delicato - ed "educato" - come "Seventh tree". Ritornelli irresistibili, soffi di batterie sintetiche, inevitabili e dovute citazioni Moroderiane, giri di basso post-disco e riff synth-pop; solare e semplicemente perfetto.

8.5/10

Highlights: Tutto.