12.21.2013

Ripperton - A little part of shade (2013, Green)

L'elettronica soul di Rafael Ripperton incanta sia quando passa attraverso ritmi house/techno ("She holds my hand", "City lights", "Black wall") che quando sperimenta con arrangiamenti meno clubby ("I don't know", "Spike").

8.5/10

Highlights: I don't know, She holds my hand, Tape hiss, City lights, Black wall, Everytime, For all the wrong reasons, Spike.

12.20.2013

Beyoncé - Beyoncé (2013, Columbia)

Bando all’ingenuità: nel 2013 può capitare di svegliarsi una mattina, aprire I-Tunes e scoprire che nottetempo è comparso il nuovo album di una popstar. Potrebbe forse fare strano l’assenza di cinguettii, teaser e tutta quella roba buona per riempire i blog, ma andiamo: se ti chiami Beyoncé e ti comporti così sai già che non corri alcun rischio, perchè dall’istante in cui il tuo album sarà esposto sugli scaffali virtuali la pubblicità verrà da sé, a costo zero. Ma se hai la fortuna di poggiare il tuo culetto d’oro sul trono del pop e oltre a mettere in pratica questa strategia mi sfoderi un disco che osa, allora hai tutta la mia stima. La tracklist del quinto lavoro in studio di Mrs. Carter è orfana di tracce banalmente destinate alla pista da ballo: non c’è una "Single ladies" o una "Run the world", ma nemmeno una più raffinata "Love on top". Il pezzo dai contorni più danzerecci è "Blow", un electro-funk scritto insieme al trio Timbaland /Justin Timberlake/Pharrell Williams. E non è tutto: fatta eccezione per "Heaven", mancano anche le ballad classiche in stile "Irreplaceable" o "If I were a boy". L’intero disco segue una precisa scelta minimalista (ultra-dettagliata) e futuristica (grazie all’ampio utilizzo di suoni artificiali), predilige atmosfere rarefatte e arrangiamenti spiazzanti e infila interludi dal sapore concettuale (con tutti i limiti del caso). Così il beat reggaeton di "Xo" si confonde in mezzo a pad e cori, "No angel" gioca con lo spazio e dosa interventi di violini sintetici e tastiere anni 80, "Partition" passa da ritmi hip-hop a linee di basso che appartengono alla deep-house e "Flawless" punta sul contrasto freddo/caldo dato dalla contrapposizione dei suoni quasi 8-bit con la voce della prorompente Texana. I cameo di Drake e Frank Ocean (la crema dell’hip-hop moderno) non colpiscono granchè: a svettare sono piuttosto le vibrazioni soul di "Pretty hurts" e gli sperimentalismi della splendida "Haunted", che aprono come meglio non si potrebbe un disco con due palle così.

8/10

Highlights: Pretty hurts, Haunted, Blow, No angel, Partition, Mine, Xo, Flawless, Blue.

12.14.2013

Beacon - The ways we separate (2013, Ghostly International)

Thomas Mullarney e Jacob Gossett da Brooklyn esordiscono con un disco di nostalgico pop sintetico: la partenza è ottima, ma l'entusiasmo si esaurisce in fretta e "Bring you back" diventa l'unico momento da ricordare davvero.

6/10

Highlights: Bring you back, Between the waves, Headlights.

12.09.2013

Ms Mr - Secondhand rapture (2013, Columbia / Creep City Records)

Il debutto dei newyorkesi Lizzy Plapinger e Max Hershenow contiene i semi di una scrittura che deve ancora esprimersi in tutto il suo potenziale - ma brani come "Hurricane" e "Fantasy" fanno ben sperare. 

7/10

Highlights: Hurricane, Fantasy, Dark doo wop, Twenty seven, No trace.

12.08.2013

Dinky - Dimension D (2013, Visionquest)

Il fatto che la produttrice cilena Alejandra Iglesias si fosse presa una pausa per approfondire lo studio di pianoforte, chitarra e canto autorizzava a pensare che il nuovo disco potesse contenere più "canzoni" che "tracce"; ma un cambiamento così radicale era imprevedibile. Dinky non è più una producer techno incline a sperimentazioni: ora è una musicista a tutti gli effetti. E "Dimension D" risplende di quell'ispirazione che solo una grande curiosità e una focalizzata voglia di superare i propri limiti possono indurre.

7.5/10

Highlights: Measures, Xanex, Falling angel, Blind, Almonds, La noche.

12.07.2013

How To Destroy Angels - Welcome oblivion (2013, Columbia)

L'unione coniugi Reznor / Atticus Ross / Rob Sheridan da vita a un disco spigoloso, fatto di melodie sospese (il più delle volte inconcludenti) e architetture elettroniche astratte. 

6/10

Highlights: Ice age, On the wing, Too late all gone, How long?, We fade away.

12.06.2013

Travis - Where you stand (2013, Red Telephone Box)

Il britpop semplice ed efficace che non si cura delle leggi del tempo.

8/10

Highlights: Mother, Moving, Where you stand, Warning sign, A different room, Boxes, The big screen.

11.27.2013

Letherette - Letherette (2013, Ninja Tune)

L'esordio di Richard Roberts e Andrew Harbert da Wolverhampton mischia suoni dal tocco french e attitudine hip-hop / old-school house; Ninja Tune appone il suo sigillo di garanzia sull'ennesimo disco ben prodotto, che si distingue soprattutto per un brillante utilizzo delle tecniche di campionamento.

7.5/10

Highlights: Restless, I always wanted you back, The one, Gas stations and restaurants, Cold clam.

11.26.2013

Deetron - Music over matter (2013, Music Man Records)

Sam Geiser e il suo pensiero house, tra incastri ritmici non scontati (spesso diretti, raramente cervellotici) e uno stuolo di guest che talvolta elevano i pezzi da semplici track a vere canzoni: Hercules & Love Affair, Fritz Kalkbrenner e Ben Westbeech paiono totalmente a proprio agio in questo contesto elegante e di gusto.

8/10

Highlights: Thinking, Crave, Love song, Rhythm, Bright city lights, Rescue, Can't love you more.

11.22.2013

Savoir Adore - Our nature (2012, Popular Recordings)

Il pop-rock trasognato dei Newyorkesi Savoir Adore conta su buone melodie, validi accenni retrò e un'adeguata spinta funky.

7.5/10

Highlights: Dreamers, Sparrow, Anywhere you go, Regalia, At the same time, Empire of the light, Wild Davie.

11.20.2013

Booka Shade - Eve (2013, Embassy One)

Il quinto disco dei Booka Shade è un nuovo inizio: il periodo Get Physical è terminato, ora escono su Embassy One. Quello che non cambia - nonostante le voci che riferiscono che in tempi recenti si sia sfiorato lo scioglimento del duo - è il gusto per quelle sonorità techno e house raffinate e morbide: "Eve" è un gioco di delicati incastri ritmici e voci dolci, che mette in luce in lato più gentile di Kammermeier e Merziger.

7/10

Highlights: Many rivers, Love Inc., Leema, Maifeld, Crossing borders, Only when you wake up, Jesolo.

11.18.2013

John Legend - Love in the future (2013, G.O.O.D. Music / Columbia / Sony)

Assolutamente all'altezza dei dischi precedenti: moderno nell'estetica, ma classico nella scrittura.

8/10

Highlights: The beginning, Made to love, Who do we think we are, All of me, Save the night, You & I (nobody in the world), Asylum, Caught up.

11.16.2013

The Naked And Famous - In rolling waves (2013, Fiction Records / Somewhat Damaged)

Le belle parole spese per il debutto dei The Naked And Famous non sono andate sprecate: "In rolling waves" replica la formula vincente del primo disco, azzeccando un equilibrio perfetto tra chitarre elettriche e synth. Altrettanto importante è l'equilibrio che si crea tra le voci di Alisa Xayalith e Thom Powers: il paragone con gli Xx non è affatto azzardato (con le ovvie distinzioni in quanto a intimità e minimalismo).

8/10

Highlights: A stillness, Hearts like ours, Waltz, Rolling waves, I kill giants, We are leaving, A small reunion.

11.15.2013

Morcheeba - Head up high (2013, PIAS)

Hai voglia a strombazzare il ritorno di Skye se quello che ne esce è un disco insipido come "Blood like lemonade" (2010); la rimpatriata di tre anni fa non ha sortito gli effetti desiderati, e i Morcheeba sono rimasti imprigionati in quel limbo di mediocrità post "Fragments of freedom" (l’album del 2000 che conteneva la hit "Rome wasn't built in a day"). E ora come se la passano? Verrebbe da dire come sempre: a livello sonoro e di composizione non è cambiato quasi nulla. Intanto però il tempo scorre impietoso, rendendo francamente impossibile stupirsi ascoltando pezzi che mescolano swing e scratch tipici dell’hip-hop con bassi funkeggianti e accessibili pattern di chitarra. Intendiamoci: qui non si sta parlando di brutta musica – tutt’altro. Ma certamente non abbiamo a che fare con pezzi che catturano l’attenzione al punto di costringerci a mettere in secondo piano finestre e applicazioni, o a interrompere il cazzeggio su facebook. Magari detto così sembra una vaccata, ma in tempi di multi-tasking spinto il valore di un album è misurabile anche attraverso questa sorta di “indice di rapimento”. Fossimo negli anni 90’ la prospettiva sarebbe completamente differente: ammetto di essermi sorbito decine di dischi dichiaratamente chill-out (leggi: carta da parati) e di averne decantato spudoratamente le lodi, accorgendomi solo parecchi anni dopo che una misera percentuale di quei lavori aveva sostanza, mentre il resto erano solo gradevoli successioni di note atte a riempire i silenzi tra un drink e una chiacchiera. "Head up high" fila via leggerino e scontato fin dal primo ascolto; con rare eccezioni (come "Gimme your love" e "Under the ice") fa di tutto per non disturbare eccessivamente, mettendo ancora una volta in risalto il già deficitario rapporto brani incisi / pezzi da ricordare della discografia dei Morcheeba.

6/10

Highlights: Gimme your love, Call it love, Under the ice, Do you good.

11.11.2013

Lady Gaga - Artpop (2013, Interscope)

Al di là di elogi e critiche, oltre il gusto personale che può portare ad amarla o odiarla, c’è una verità inconfutabile: Lady Gaga sa come mettere tutti con le spalle al muro. Il lancio di un suo nuovo disco provoca sconquasso a priori, ma lei non si accontenta e opta per un titolo che definire ambizioso è riduttivo; ruba un concetto indissolubilmente legato al suo idolo Andy Warhol e lo ribalta, creando una parola che fino ad oggi mancava nello sconfinato dizionario di Google. Con la Germanotta va così. Tutto le è concesso, e lei lo sa bene: è in gran parte attraverso la provocazione che ha costruito il suo personaggio. Benché i continui paragoni con Madonna comincino a stancare, sono tutt’altro che fuori luogo - almeno osservando la bravura nel catalizzare l’attenzione di media e fan. Inoltre, sarebbe inopportuno contestare il suo talento: Lady Gaga è capace di scrivere e di cantare, punto. E il perfetto equilibrio sonoro e stilistico di Artpop avvalorano la convinzione che la parabola della popstar sia ancora in fase ascendente. Quasi superfluo indugiare sui brani che rientrano nella categoria EDM: meglio arrendersi subito di fronte alla potenza sonora di Zedd (che plasma le ottime "Aura" e "G.U.Y.") e delle varie "Venus" e "Swine". Destano maggior interesse il synth-pop meno veloce e rumoroso della title-track e di "Do what u want" (insieme a R. Kelly), il vincente approccio taglia-e-cuci con inserti funky di "Sexxx dreams" e l’avventura in terra hip-hop "Jewels n’ drugs". Ma è verso la fine che si rimane di sasso: "Dope" è una ballad talmente teatrale e intensa che viene voglia di maledire quei synth che invece di arricchire disturbano. Un arrangiamento piano, voce e archi avrebbe offerto la possibilità di gustarsi una sorprendente e quasi inedita Lady Gaga “stripped to the bone”. Aspettando una versione totalmente acustica, è giusto dedicarle quegli applausi che – parole sue – le servono per vivere: le promesse intrinsecamente legate alla scelta di un titolo come Artpop sono state mantenute.

7.5/10

Highlights: Aura, Venus, G.U.Y., Sexx dreams, Do what u want, Artpop, Fashion!, Dope.

11.10.2013

Noah And The Whale - Heart of nowhere (2013, Mercury)

Il velo di elettronica che ricopriva "Last night On Earth" scompare; al suo posto un bel po' di archi, sparsi per tutto il disco. Testi al miele e melodie zuccherose: il limite del patetico/sdolcinato viene abbondantemente superato in "One more night" e "Not too late". D'altronde it's only pop music; ma - nonostante lo splendido cameo di Anna Calvi nella title-track - ascoltando "Heart of nowhere" viene automatico rimpiangere i Noah di qualche album fa.

6/10

Highlights: Heart of nowhere, Lifetime, One more night.

11.06.2013

Glasvegas - Later...when the tv turns to static (2013, Bmg / Go Wow)

Shoegaze? Art-rock? Indie rock?. O più semplicemente poesia malinconica, drammatica e ubriaca? C'è chi ha tolto la fiducia ai Glasvegas al secondo disco, e poi c'è anche chi proprio non li ha mai considerati; ma quando si tratta di trasformare melodie banali in pezzi emozionanti (grazie all'epicità degli arrangiamenti) loro sono maestri.

8/10

Highlights: Later...when the tv turns to static, Youngblood, Choices, Secret truth, If, Finished sympathy.

11.02.2013

M.i.a - Matangi (2013, Interscope)

C’è una regola da tenere a mente quando si affronta l’ascolto di Mathangi Arulpragasam: zero compromessi. E non si parla di compromessi culturali (la musica di M.i.a si basa da sempre su miscele sonore che vanno dalla world music all’hip-hop, dalle tradizioni all’elettronica spigolosa), ma attitudinali: la voglia di spiazzare è talmente spinta che finisce per dare vita a composizioni che all’orecchio meno allenato (o democratico) possono risultare gradevoli quanto il trillo di una sveglia dopo due ore di sonno. Anche il quarto album della poliedrica artista mette alla prova lo stomaco dell’ascoltatore medio, costretto a digerire passaggi repentini, soluzioni scomode e continui cambi di umore. La smisurata propensione all’eclettismo è evidente in pezzi come "Warriors", "Come walk with me" (dove la melodia omaggia/copia "Charmless man" dei Blur) e "Attention": i tempi raddoppiano come se niente fosse, i tagli vocali da elementi ritmici diventano parte integrante delle strutture dei brani, le piccole stonature si calano perfettamente nel ruolo e si trasformano in dettagli imprescindibili. Il lato più pop di M.i.a risplende invece nella (relativamente) dolce "Exodus", nell’andamento familiare del singolo "Bad girls" (opera di Danja, stretto collaboratore di Timbaland) e nella tagliente vena hip-hop di "Bring the noize" (con l’amico Switch alla produzione). Da menzionare anche il lavoro diligente del team olandese The Partysquad, che confeziona un ammaliante reggae mutante ("Double bubble trouble") e un gustoso moonbahton ("Y.a.l.a."). "Matangi" è un disco che si prende il rischio di sfidare il concetto stesso di gusto, rifiutando di accomodarsi sui confortevoli binari del già sentito; la notizia è che spesso esce vincitore da questo duello – che è proprio quello che viene spontaneo chiedere a una figura decisa e rivoluzionaria come M.i.a.

8/10

Highlights: Matangi, Only 1 u, Atention, Exodus, Bad girls, Double bubble trouble, Bring the noize, Know it ain't right.

10.25.2013

John Newman - Tribute (2013, Island)

I ritmi funky di Robin Thicke, Bruno Mars e Daft Punk, la vena soul di John Legend e Justin Timberlake, l’hip-hop elegante di Drake (ma anche dell’ultimo Macklemore), il piglio old-school house dei Disclosure; a quanto pare le classifiche di questi tempi stanno ritrovando una certa eleganza, che era andata perduta negli anni per via di una strana malattia che imponeva scontate contaminazioni dance in ogni dove. John Newman – britannico, classe 1990 – si allinea a questa tendenza, incasellando la sua voce dai tratti neri in arrangiamenti che fanno ampio uso di fiati e cori, emulando il soul che fu e trasportandolo alla nostra era. Il singolo "Love me again" lo conosciamo tutti, e nonostante non colpisca per innovazione rimane inevitabilmente appiccicato al cervello, caratteristica essenziale di un buon pezzo pop; l’impatto di "Cheating" (il secondo singolo) è meno devastante, ma conferma intenzioni e energia positiva. Va detto che la formula ha un che di ripetitivo: la maggioranza dei brani di "Tribute" mischia rhythm & blues e house (l’onnipresente piano che disegna giri ben noti, triti e ritriti ma sempre efficaci) con naturalezza, ma anche con una buona dose di prevedibilità. Mentre quindi "Try", "Losing sleep" e "Running" si limitano a fare un bel copia e incolla dei singoli, escono leggermente dai binari i pezzi più lenti come "Out of my head", "Gold dust" e la conclusiva "All I need is you", ottimi per spezzare la (pur pregevole) monotonia. Nella title-track che apre il disco si sente un acceleratissimo elenco di artisti che hanno influenzato Newman; non sono riuscito a captare tutti i nomi, ma mi chiedo se ci sia anche una menzione per Rudimental. Dopotutto se si sono accorti di John è anche merito del duo londinese drum & bass; andatevi a sentire l’audace "Feel the love" (prima in Inghilterra, non considerata da noi).

7.5/10

Highlights: Love me again, Losing sleep, Cheating, Gold dust, All I need is you.