Conoscendo il caratterino di Courtney Love era lecito aspettarsi che la disapprovazione di Erlandson avrebbe avuto l'importanza del due di picche quando la briscola è fiori. E Courtney ha deciso di riformare gli Hole in occasione del quarto disco che vede la luce ad otto anni dallo scioglimento ufficiale della band. Detto senza mezzi termini, "Nobody's daughter" non raggiunge i picchi pop di "Celebrity skin" e non possiede - anche per ovvie ragioni di tempistica - l'impatto emotivo e l'ispirazione di "Live through this". Si configura piuttosto come un album libero da vincoli discografici e storici, colpendo nel segno soprattutto quando la vedova Cobain mette da parte l'arrabbiatura fine a se stessa e si lascia andare a cantati paragonabili (tecnicamente) a flussi di coscienza: le parole volano modellate e storpiate da quel suo fare in apparenza menefreghista ma sotto sotto profondo, circondando i pezzi (quelli giusti) di un alone misterioso e agrodolce, a suo modo assuefacente. Le confessioni di "Letter to God" rappresentano l'apice della sofferenza nostalgica che permea l'intero disco, che pur non essendo un capolavoro merita una certa attenzione, soprattutto da parte di chi ha nel cuore "Live through this".
8/10
Highlights: Nobody's daughter, Honey, Pacific Coast Highway, Someone else's bed, For once in your life, Letter to God.
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