8.22.2019

20 anni di Microchip emozionale dei Subsonica


Ogni tanto mi domando che fine abbia fatto Aurora, la ragazza che vent'anni fa sognava innesti artificiali degni di un romanzo cyberpunk. Nutrendosi di gelato e dormendo rigorosamente di giorno per sfruttare l'aria complice che le donava il buio, Aurora voleva essere in tutto e per tutto un automa. Bramava carne sintetica, labbra cromate e occhi bionici, magari provvisti di un sistema in grado di registrare i ricordi come succede in un episodio di Black Mirror. Ma il suo desiderio più proibito era un congegno denominato Microchip Emozionale; un dispositivo installato sotto pelle in grado di segnalare quei sentimenti nascosti nella sua anima che proprio non riusciva ad esprimere.


Aurora era un outsider. Una ragazza allergica ai vuoti rumori della realtà, che combatteva alzando il volume della sua musica preferita a stecca. Affrontare il mondo in maniera convenzionale era fuori discussione: meglio una sana e consapevole solitudine, piuttosto. Per raccontare le gesta della protagonista di uno dei brani cardine del secondo disco, i Subsonica avevano fatto uno strappo alla regola dei testi scritti in prima persona, optando per una narrazione in terza persona che solitamente esclude o limita il coinvolgimento dell'autore. In questo caso la regola non vale: sotto diversi aspetti, la figura di Aurora è una proiezione quantomai fedele del pensiero della band.

Pubblicato il 26 agosto del 1999 dalla Mescal, etichetta indipendente nata sei anni prima con il preciso scopo di tutelare progetti artisticamente meritevoli ma ignorati dal mercato italiano (gli outsider, appunto), Microchip Emozionale segna un punto di svolta nella carriera dei Subsonica. Chi li conosceva già dal primo lavoro era pronto a un’evoluzione, ma in pochi avrebbero scommesso su un disco in grado di proiettare i torinesi in territori mainstream senza sacrificare un briciolo di autenticità. Musicalmente e lessicalmente inconsueto rispetto alle tipiche produzioni made in Italy, l'album riesce comunque a ritagliarsi uno spazio significativo in classifiche e playlist, sollecitando una rivoluzione di pensiero che va ben oltre la musica.


Il segreto di Microchip Emozionale va ricercato nella sua marcata identità su più livelli. Compositiva, innanzitutto. Perché ad eccezione di Lasciati e Strade (pezzi in cui Samuel mette lo zampino) e Discolabirinto (scritto a quattro mani da Morgan e Boosta), il disco è opera di Max Casacci e Davide Dileo. Qundo i due uniscono le forze sprigionano un potenziale pop devastante, confermato dal primo singolo Colpo Di Pistola e da Tutti I Miei Sbagli, brano portato al Festival di Sanremo e successivamente incluso nella ristampa del 2000. Ma anche lavorando separatamente la coppia mostra un affiatamento esemplare, ed è grazie allo loro supervisione armonica e melodica che il disco sfoggia una coerenza impeccabile.


Una compattezza che si riflette anche in fase di arrangiamento attraverso l'esplorazione di soluzioni sonore che non appartengono al DNA della musica italiana. Le antenne si drizzano fin dallo skit introduttivo, che stravolge un campione della voce di Samuel creando una sorta di beatbox, per poi lasciare spazio alla linea di basso sintetica di Sonde. Quando Colpo Di Pistola raddoppia il ritmo sul ritornello o quando in Liberi Tutti spuntano arpeggiatori acidi è impossibile non pensare alla scena Uk capitanata da gente come Fatboy Slim e Chemical Brothers, così come l'incedere cupo di Lasciati richiama immediatamente le atmosfere rarefatte del Trip-Hop. Non si tratta di un caso: i Subsonica trovano ispirazione nella freschezza delle nuove correnti elettroniche d'oltremanica, e vogliono filtrarle attraverso un'ottica da rock band. Ben vengano dunque loop, sintetizzatori e manipolazioni sonore; ma sempre mantenendo vivo lo spirito del gruppo, e quindi contando su esecuzioni principalmente suonate. Un precetto che Ninja (batteria) e Pierfunk (basso), assi portanti del comparto ritmico, metabolizzano con estrema naturalezza.


L'inappuntabile coesione di Microchip Emozionale non si esaurisce qui, ma si rispecchia anche nella cura dei testi, straordinariamente coraggiosi sia nella forma che nei contenuti. Se l’elenco di farmaci antidepressivi snocciolato nelle strofe di Depre rappresenta il punto più alto della sperimentazione, il linguaggio degli altri brani, sebbene più comprensibile, non rinuncia a veri e propri azzardi. Quante volte è capitato di sentire nelle canzoni italiane termini come “training autogeno”, “neurotrasmettitori” o “shock adrenalinico”? Come dimostrato dalla storia, esprimersi in modo accessibile è una delle chiavi per il successo, a maggior ragione se chi ascolta conosce la tua lingua. Fare affidamento sulle classiche rime cuore/amore è una strategia del tutto legittima per raggiungere il pubblico, ma a quanto pare scendere a compromessi in nome di un'ordinaria (quanto scontata) musicalità non interessa ai Subsonica. E la buona notizia è che il loro messaggio viene recepito nonostante l'utilizzo di un vocabolario più ampio (ed alto).


Come chiariscono nella Bowiana Il Mio D.J., i Subsonica sono quello che suonano (“I am a d.j. / I am what I play”): in quei solchi scorre la loro anima, e non hanno nessuna intenzione di venderla al diavolo. Il loro obiettivo, semmai, è dare alla gente quello che ancora non sa di volere, prerogativa dei bravi selezionatori musicali. L'unico modo per connettersi all'assenza di gravità dei torinesi è volerlo fortemente, perché nei loro corpi, proprio come in quello di Aurora, non c'è traccia di impianti artificiali, e quindi sono sprovvisti anche di sensori diplomatici.


Pur non sapendone nulla di cibernetica, mi sembra di capire che il Microchip Emozionale tanto desiderato da Aurora rimane una chimera. Bisognerà aspettare ancora un bel po' per un'invenzione simile. Ma sono sicuro la ragazza si sarà sentita meno sola ascoltando il secondo disco dei Subsonica a cavallo tra i due millenni. Un album che tra avveniristiche discoteche-labirinto e transiti satellitari sviscerava oscurità assolutamente umane, diventandone l'antidoto. Un'opera immune allo scorrere del tempo, pronta anche oggi a confortare tutte le Aurore in cerca di risposte sparse per il pianeta.