4.29.2009

Yeah Yeah Yeahs - It's blitz! (2009, Interscope)

Quando si sente parlare tanto di una band è del tutto normale andare a fondo e testare con le proprie orecchie. Talvolta l'hype è giustificato, in altri casi si rimane delusi; i Newyorkesi Yeah Yeah Yeahs fino a ieri appartenevano al settore "band insipide di cui si parla troppo". Non che nei primi due dischi non ci fosse della stoffa, ma quelle piccole illuminazioni (leggi "Maps" o "Cheated hearts") venivano offuscate da una marea di brani che pue basandosi sul citazionismo non trovavano una vera direzione; così, alla fine, sia "Fever to tell" che "Show your bones" sono stati giustamente archiviati con una certa fretta. "It's blitz!" cambia tutto. Anzitutto si registra il raggiungimento di un perfetto punto di equilibrio tra elettrica ed elettronica: per non sprecare parole inutili come new-rave basta ascoltare il primo singolo "Zero" oppure "Heads will roll". Molto rilevante è anche il miglioramento tecnico e di personalità della cantante Karen O: pezzi come "Skeletons", "Runaway" e "Little shadow" mettono seriamente i brividi. Un nuovo punto di partenza?

8/10

Highlights: Zero, Heads will roll, Skeletons, Runaway, Hysteric, Little shadow.

4.27.2009

Milton Jackson - Crash (2009, Freerange)

Barry Christie ha un grande gusto. Sa mischiare house e techno come pochi, e la prova prima e più eclatante è la traccia che apre il suo secondo album, "Ghost in my machine": riff di organetto che riporta immediatamente a Crystal Waters e alla sua "Gypsy woman" datata 1991 con produzione Basement Boys, beat dritto, sub a riempire e interventi Detroit. "Backward disco" è più sporca e istintiva, tanto old-school quanto tremendamente attuale; la title-track fa leva su arpeggi e aperture di pad metallici, "Another fine mess" è una spirale deep avvolgente, la percussiva "The rhythm track" rimbalza con un approccio molto più sfacciato, "Snap crackle" è droga e si contrappone alla successiva solare "Got to hold on". Pezzi come"Orbit 3", "Cycles" e "Mode 3" fanno venire a galla il lato più oscuro e ipnotico del producer di Glasgow, autore di un lp che conferma il suo talento.

7/10

Highlights:
Ghost in my machine, Backward disco, Another fine mess, The rhythm track, Orbit 3, Mode 3.

4.26.2009

Royksopp - Junior (2009, Astralwerks)

Il terzo disco dei due norvegiesi parte senza alcun tipo di preambolo: campione dei Parliament, beat sporco e un riff super-happy a ricalcare quello che è stato il primo brano che li ha resi noti al grande pubblico ("Eple"). Subito dopo un ritmo dichiaratamente 80 e qualche arpeggiatore introducono la guest Robyn; scelta azzeccata e interpretazione perfetta. L'allucinogena "Vision one" accompagna la familiare voce di Anneli Drecker, ed è un'ottima miscela di suoni ruvidi e melodie dolci; "This must be it" è il primo dei due brani affidati allo stile di Karin Drejer, fresca di album solista e sempre sopraffina quando si tratta di creare atmosfere tra il misterioso e il poetico ("What else is there" non si dimentica facilmente). La cinematica strumentale "Royksopp forever" non si chiama così per caso, ma sottolinea le radici classiche nella composizione e di derivazione trip-hop nell'arrangiamento del duo; la successiva "Miss it so much" rimane sulla scia, anche se il movimento ritmico spinge drasticamente sullo swing e c'è una voce impeccabile, quella di Lykke Li. Karin Drejer compare anche nella scherzosa "Tricky tricky" (un follow-up di "49 percent" dato il modo in cui il testo gioca con i numeri), "You don't have a clue" è di una malinconia sublime, "Silver cruiser" spezza con un ritmo lento e fa da interludio per il finale composto dai due pezzi meno convincenti dell'album: la confusa "True to life" e la tediosa "It's what I want". Ma ci vuole ben altro per intaccare il valore di un disco che regge ampiamente il paragone con il perfetto esordio del 2001.

8.5/10

Highlights: Tutto.

4.21.2009

Beyoncè - I am...Sasha Fierce (2008, Sony Bmg)

Sulla profondità del concept che consiste nel dividere il disco in due cd (nel primo pezzi lenti, nel secondo brani ritmati) si può anche discutere. Sulla bravura di Beyoncè Knowles proprio no. Naturalmente l'intero progetto è costruito a tavolino: dopotutto stiamo parlando di una superstar famosa per troppi aspetti che vanno al di la della musica in quanto tale. Tentando l'impossibile gioco di ascoltare questo disco senza pregiudizi spiccano il singolo "If I were a boy" (ad un primo impatto lagnoso, ma mettendoci più attenzione un signor pezzo), l'ottima ballad futuristica "Halo" (condita dagli inevitabili spunti trance sdoganati da Timbaland e Timberlake) e la più classica (Mariah Carey style) "Broken-hearted girl". Il lato dance convince molto meno; si sente la mancanza del funk di quella "Crazy in love" che inaugurò nel migliore dei modi la sua carriera solista sei anni fa o di un qualcosa tipo "Deja vu" dal secondo album "B-Day". "Single ladies (put a ring on it)" fa troppo poco per essere un singolo di una regina del pop, "Radio" è cheesy oltre i limiti consentiti dalla legge, l'hip-hop noioso di "Diva" non si addice allo stile di Beyoncè, i digitalismi di "Video phone" passano inosservati. Si salva "Sweet dreams", che nonostante l'approccio electro (la cui presenza nell'intero cd è marcatissima e spesso forzata) indovina una melodia vincente.

6.5/10

Highlights:
If I were a boy, Halo, Broken-hearted girl, Sweet dreams.

4.17.2009

The Streets - Everything is borrowed (2008, 679 Recordings)

E con "Everything is borrowed" sono quattro su cinque. Lo storyteller inglese della porta accanto si è stancato del progetto The Streets (problema affrontato nel precedente "The hardest way to make an easy living"), e il prossimo sarà l'ultimo disco. Intanto qui abbandona la durezza degli ultimi tempi a favore di un po' di calma e riflessione, camminando con dignità sulla linea che divide distinzione e prevedibilità.

7/10

Highlights:
Everything is borrowed, I love you more (than you like me), The sherry end, Alleged legends, The strongest person I know, The escapist.

4.14.2009

Lionel Richie - Just go (2009, Island Def Jam)

A giugno saranno sessanta le primavere di Lionel Richie, più della metà delle quali trascorse in attività nel mondo della musica soul e pop che conta (la parola Motown a questo proposito riassume molto bene il concetto). "Just go" è un album composto quasi unicamente da ballad (molto meglio sorvolare sul tentativo dance mal riuscito "Somewhere in London", un vero pesce fuor d’acqua), supportato dalla regia esperta di Antonio “L.A.” Reid, mentore di Toni Braxton e responsabile del successo di gente come Usher, Ciara e Tlc; i duetti con Aliaune Thiam (per gli amici Akon) potrebbero sembrare un espediente per dare un tocco di modernità alla sua scrittura, ma a conti fatti i due brani che lo ospitano non tradiscono intenzioni puramente commerciali. Non ci sono pezzi ammazza-chart, e probabilmente i prossimi singoli faranno la fine del primo (Good Morning), a malapena notato da radio e stampa; tanto basta per consigliare Just Go esclusivamente agli amanti dell’r’n’b più dolce, mentre per gli altri la noia potrebbe incidere in maniera letale sul giudizio finale.

6/10

Highlights:
Forever, Just go, Nothing left to give, Through my eyes, Face in the crowd.