2.28.2012

Gonzales - The unspeakable Chilly Gonzales (2011, Gentle Threat)

Quel genio matto di Gonzales che rappa su temi da film (composti insieme al fratello Christpher Beck) con l'irriverenza ironica e splatter che pochi si potrebbero permettere senza cadere rovinosamente.

8/10

Highlights: Supervillain music, Party in my mind, Beans, Who wants to hear this?, Shut up and play the piano.

2.22.2012

Lisa Hannigan - Passenger (2011, Hoop Recordings)

La voce dell’irlandese Lisa Margareth Hannigan ha accompagnato quella di Damien Rice nei suoi due primi e finora unici dischi, ricoprendo un ruolo di prim’ordine in diversi brani ("Volcano" e "Cold water" da "O" oppure la splendida "9 crimes" da "9"). Nel 2007 le strade di Damien e Lisa si sono non proprio pacificamente separate, e un anno dopo è uscito il suo album di debutto ("Sea saw"), osannato dalla critica e apprezzato oltre-oceano ma poco considerato dal pubblico europeo. "Passenger" è il secondo lavoro della ragazza dalla voce delicata e gentile come un fiore, che canta ninne nanne fiabesche su arrangiamenti folk – si dice utilizzando preferibilmente strumenti vecchi e rotti. Le concessioni al “pop” (le virgolette in questo caso sono obbligatorie) si limitano a "Knots" e "What’ll I do", mentre per il resto aspettatevi intimismo e melodie sottovoce, che poi sono i tratti distintivi di un’autrice matura e pronta a sbarazzarsi una volta per tutte dell’appellativo di “spalla” che le sta stretto da tempo.

7.5/10

Highlights: Home, What I'll do, O sleep, Little bird, Safe travels (don't die), Nowhere to go.

2.21.2012

VCMG - Ssss (2012, Mute)

“Ciao, sto pensando di fare un disco techno. Che ne dici di farlo insieme? Con comodo, senza fretta”. Si può sintetizzare così il tono della mail che Martin Gore ha inaspettatamente ricevuto da Vince Clarke più di un anno fa; e Gore ha accettato con entusiasmo. Ora l’interessante collaborazione - a trent’anni dal chiacchieratissimo avvicendamento nei Depeche Mode che li ha visti protagonisti - genera un album che non ti aspetti: nonostante i due siano dei musicisti di riferimento della scena synth-pop (le melodie cantate da Dave Gahan sono opera loro, tranne qualche rara eccezione) qui non c’è spazio per vocalizzi e forma-canzone. "Ssss" è un inno puro e semplice alla musica elettronica da club. Ma anche se è facile captare influenze provenienti dalle moderne chart, le personalità di Clarke e Gore brillano in tutta la loro ben nota devozione al suono - punto di partenza e di arrivo di quello che hanno sempre prodotto - regalandoci 10 tracce estremamente curate e qualitativamente notevoli.

7/10

Highlights: Lowly, Zaat, Windup robot, Bendy bass, Flux.

2.19.2012

Nada Surf - The stars are indifferent to astronomy (2012, Barsuk Records)

Non è sempre cambiando che si ottengono i risultati migliori. Gli esempi di band che ad un certo punto della loro carriera si avventurano in percorsi inesplorati sono tanti; ma non capita certo di rado che in seguito ad un esperimento si preferisca ritornare sui propri passi, nella convinzione che forse si era più bravi a fare quello che si è sempre fatto in precedenza. I Nada Surf fanno parte di quella frangia ostinata e decisa che nasce con un certo stile e probabilmente non cambierà mai. Minime evoluzioni ci sono state: il tempo passa per tutti. Ma sembra che più passi il tempo e più Matthew Caws e soci si trovino a proprio agio a ricordare i bei tempi andati del liceo. Nel '96 esplosero con un pezzo che raccontava di cheerleader e quarterback ("Popular"). Ora, a quarant'anni suonati, cantano che non è mai troppo tardi per i sogni da teenager ("Teenage dreams"), ricordano come vedevano il mondo con gli occhi innocenti di un bambino ("When I was young"), ammettono con candore che a loro la gioventù manca ("Let the fight do the fighting"). I cinici ci metteranno un attimo a classificarli come perdenti. Ma probabilmente il pensiero dei cinici ai Nada Surf non interessa più di tanto.

7.5/10

Highlights: Clear eye clouded mind, Waiting for something, Jules and Jim, The moon is calling, Let the fight do the fighting.

2.08.2012

Professor green - At your inconvenience (2011, Virgin)

L’eclettismo è una connotazione che ha contraddistinto i lavori di Professor Green fin dagli inizi della sua carriera, e che nasce dal particolare percorso professionale intrapreso dal rapper di Hackney. A differenza di molti altri suoi colleghi - che magari passavano ore a imparare i testi dei Public Enemy a memoria - Stephen Paul Manderson fu inizialmente fulminato da altri generi musicali, in special modo dalla drum & bass; poi a una festa, quasi per scherzo, prese in mano il microfono e cominciò ad andare di freestyle. Con la supervisione di Mike Skinner (The Streets) il suo primo disco raccolse elogi all’unanimità e gli procurò un bel po’ di notorietà grazie alle hit "Need you tonight" e "Just be good to Green" (con il featuring di Lily Allen). Un anno dopo esce questo secondo album, che sottolinea ulteriormente la sua versatilità: si passa da pezzi radio-friendly in stile ultimo Eminem con Rihanna ("Read all about it") a commistioni più azzardate (i ritmi dubstep di "How many moons", la velocità di "Trouble"), da delicate situazioni di una certa eleganza ("Spinning out" con Fink) a un hip-hop più schietto e caciarone ("D.p.m.o."). Il punto più alto si raggiunge con "Avalon" (posto esattamente al centro del disco), un brano che conta su una melodia perfetta e una progressione impetuosa: tanto merito va anche alla splendida interpretazione di Sierra Kusterbeck, voce dei poco conosciuti VersaEmerge, che provoca più di un brivido. "At your inconvenience" non lascerà un segno indelebile nella storia dell’hip-hop (una sfida quasi improponibile nel 2012), ma è senz’altro un lavoro che svetta per passione e personalità.

7.5/10

Highlights: At your inconvenience, Read all about it, Spinning out, Remedy, Avalon, Astronaut, Today I cried.

2.04.2012

Spank Rock - Everything is boring and everyone is a fucking liar (2011, Boysnoize Records)

Che in cinque anni le cose cambino non si mette in discussione; la speranza è che ci sia stato un buon motivo alla base del cambio di producer (via il genio di "Yoyoyoyoyo" XXXChange, ecco Boys Noize). L'opener "Ta da" inganna: un intrigante e lento beat minimale a base di crepitii di vinile crea il tappeto ideale per l'incedere in equilibrio precario della voce inaspettatamente sussurrata di Naeem Juwan. La seguente "Nasty" è una potente bomba-electro che si avvale dell'indovinato featuring con Big Freedia, la diva Bounce. Benissimo anche lo spirito pop che guida "Car song", insieme a Santigold. Con "Birfday" subentra un po' di confusione, che si trasforma in nebbia fitta con "The dance": "#1 Hit" ha invece tutte le sembianze del vero tracollo, tentando un'improbabile strada similblackeyedpeas che prima si dimentica meglio è. Da qui in poi è tutta una poltiglia dimenticabile, che riacquista un minimo di credibilità solo attraverso la divertente "Baby". Ma il danno è bello e che fatto.

5/10

Highlights: Ta da, Nasty, Car song, Baby.

2.03.2012

The Pains Of Being Pure At Heart - Belong (2011, PIAS)

Con Alan Moulder al mixer il suono dei Pains Of Being Pure At Heart diventa più solido rispetto al disco di debutto del 2009 - e naturalmente la figura del leggendario produttore britannico accentua ulteriormente il già solare parallelo con i primi Smashing Pumpkins. Sembra trarne beneficio anche la voce di Kip Berman, che finalmente svetta come dovrebbe senza diventare invadente. Il livello qualitativo dei brani è eccelso, sia quando il ritmo è sostenuto ("Heaven's gonna happen now", "Heart in your heartbreak", "My terrible friend") che nei rari momenti più intimi ("Anne with an e"). Ispiratissimi.

8.5/10

Highlights: Tutto.

2.01.2012

Lana Del Rey - Born to die (2012, Polydor)

E’ risaputo: il buzz fa salire l’hype. In italiano: il passaparola intorno a un nuovo disco genera molta curiosità. Il caso dell’americana Elizabeth Grant – in arte Lana Del Rey – è emblematico: pezzi che spuntano in rete, valanghe di opinioni contrastanti (spesso critiche) e grande imbarazzo nel cercare di categorizzare il suo stile (anche a causa delle interviste dal sapore tattico in cui ha rivelato le sue principali influenze – che spaziano da Kurt Cobain a Britney Spears passando per Elvis e Nancy Sinatra). Il modo migliore per analizzare e giudicare un prodotto così pompato è cercare di dimenticarsi tutto quello che si è letto e sentito e focalizzarsi su ciò che davvero conta: la musica. E "Born to die" è un album che lascia francamente senza parole. Per produzione, anzitutto: gli arrangiamenti non hanno niente a che fare con il pop rumoroso che spopola in radio, preferendo atmosfere più profonde e solenni. Per qualità: la scrittura non è così semplice, tant’è vero che solo dopo ripetuti ascolti si riesce davvero a entrare in sintonia al 100% con il disco. E per interpretazione: la camaleontica voce di Lana Del Rey a tratti ricorda l’eleganza di Grace Jones, in altri momenti si avvicina a una giovane e ispirata Kylie Minogue. Abbasso l’hype, viva Lana Del Rey.

9/10

Highlights: Tutto.