7.25.2011

Moby - Destroyed (2011, Little Idiot)

Richard Melville Hall si sveglia ogni mattina - sobrio, pacifista e vegetariano come sempre - e dopo il caffè entra in studio e compone. Prende spunto da qualche lick vocale blues o folk, da una melodia semplice semplice suonata al piano, dagli aeroporti musicati da Eno o da un film di David Lynch. Intorno costruisce strati di archi e pad malinconici - fin dai tempi dei rave la sua passione principale e irrinunciabile - accompagnandoli con beat scarni e il più delle volte lenti. Ogni tanto invece di fare cantare un'amica ci mette la sua voce (non disdegnando il caro vecchio vocoder), in altri momenti si fa risucchiare dall'amore per il punk e la new-wave e inserisce una chitarra (meglio quando timida). La formula - all'alba del 2011 e dopo album come "18", "Hotel" e "Wait for me" - è qualcosa di assolutamente prevedibile, scontato e per molti piuttosto noioso. Ma non si può certo accusare Moby di non azzeccare le melodie: quelle ci sono sempre state e ci saranno sempre. Lo stile è datato, ok. Ma in tempi in cui l'atto di acquistare un cd ha assunto le proporzioni di un evento biblico, chi comprerà "Destroyed" troverà esattamente quello che stava cercando - niente di più, niente di meno.

7/10

Highlights: The broken places, The low hum, Rockets, The day, Lie down in darkness, The right thing, Stella maris.

7.23.2011

Low - C'mon (2011, Sub Pop)

Il dolce, lento incedere che accompagna l'inconfondibile intreccio di voci di Mimi e Alan.

7.5/10

Highlights: Try to sleep, You see everything, Especially me, Nightingale, Nothing but heart.

7.21.2011

Bruno Mars - Doo-woops & hooligans (2010, Elektra)

Pop fresco e di ottima qualità, che si diverte a destreggiarsi tra soul e reggae.

7.5/10

Highlights: Grenade, Just the way you are, Marry you, Talking to the moon, Liquor store blues, Count on me.

7.20.2011

Keren Ann - 101 (2011, Blue Note)

Non che questa improvvisa voglia di pop recentemente palesata da Keren Ann sfoci in pezzi completamente sgradevoli, ma nemmeno un matto baratterebbe una "You were on fire" con cento "Blood on my hands".

7/10

Highlights: Run with you, All the beautiful girls, You were on fire, Song from a tour bus, Strange weather.

7.17.2011

Incubus - If not now, when? (2011, Epic)

Cosa si prova a camminare sospesi su un filo come da copertina? Chiedetelo agli Incubus. Perchè, con tutta la buona volontà, Brandon Boyd e soci non possono fare gli gnorri: sapevano perfettamente che incidere un album come questo avrebbe innescato una miriade di polemiche. Saranno pochissimi i fan della vecchia guardia che riusciranno a trovare una scusa per giustificare un disco composto quasi esclusivamente da ballad; dall'altra parte la schiera di ascoltatori che si erano avvicinati alla band californiana per merito di pezzi come "Love hurts" o "Dig" saranno ben contenti di sapere che il distorsore della chitarra di Mike Einziger si è preso una pausa. "If not now, when?" rappresenta un rischio di quelli enormi: non solo trascura chi ha sempre apprezzato il loro lato più eclettico e trasgressivo, ma deve fare anche i conti con la "bellezza" dei brani, talmente ben scritti che faranno fatica a rientrare negli standard pop di questi tempi. La sensazione ascoltando un lento dopo l'altro è straniante; tanto che quando finalmente il ritmo si alza (all'alba della traccia 9, "Switch blade") si prova un senso di liberazione, si rimettono per un momento i piedi saldamente sul terreno - ma non basterà un pezzo per perdonare gli Incubus, almeno per chi si sente tradito da un album così soft. Il materiale per fare la guerra è servito; ma messi da parte gli estremismi - opportuni o meno - non si può oggettivamente dire che il settimo lavoro della band sia brutto. La storia della musica è piena zeppa di artisti che hanno dirottato pesantemente il loro stile anche solo per un episodio della loro discografia; in alcuni casi è andata bene, in altri meno bene. Ma ora è troppo presto per dare un giudizio definitivo: il tempo dirà se "If not now, when?" è stata una mossa azzardata ma plausibile oppure una semplice e dimenticabile caduta di stile.

7/10

Highlights: If not now when?, Promises promises, Thieves, Isadore, In the company of wolves, Switch blade.

7.12.2011

Arctic Monkeys - Suck it and see (2011, Domino)

La strada intrapresa dagli Arctic Monkeys nel 2009 con il loro terzo disco viene confermata senza rimorsi in questo "Suck it and see". La band capitanata da Alex Turner si crogiola nel passato del rock (o sarebbe più opportuno rispolverare il termine "rock'n roll", come da loro specificato in "Brick by brick"). Pur essendoci alcuni episodi (come per esempio il singolo "Don't sit down 'cause I moved your chair") leggermente involuti, la qualità media dell'album si attesta su livelli decisamente alti.

7.5/10

Highlights: She's thunderstorm, Black treacle, Brick by brick, Library pictures, Piledriver waltz, Love is a laserquest.

7.08.2011

Underworld - Barking (2010, Underworldlive.com)

Karl Hyde e Rick Smith affidano il pezzo che apre il loro nuovo disco alle sapienti mani del "Deep Dish" Dubfire: viene fuori una techno melodica, avvolta in una nebbia misteriosa, che si sviluppa in una lunga progressione di accordi prima di focalizzarsi su un ritornello che profuma di synth-pop d'annata. Sulla medesima strada si muove "Always loved a film", che però conta su una struttura molto più semplice e diretta; il lavoro in fase di produzione di D. Ramirez e Mark Knight punta deciso al club, ed ecco che scatta l'effetto-inno. "Scribble" si sposta su territori drum & bass senza tralasciare la melodia, mentre "Hamburg Hotel" ha tutte le caratteristiche di un interludio (che ad essere un po' più cattivi si potrebbe chiamare "riempitivo"); "Grace" - la seconda apparizione di Dubfire nei crediti - rimane un po' troppo lì, e nemmeno la successiva "Between stars" (plasmata ancora dal duo Ramirez-Knight, questa volta accompagnati dall'immancabile Darren Price) convince pienamente, perdendosi in un arrangiamento un po' troppo confusionario. C'è un po' di rock nella buona "Diamond jigsaw" (produzione a cura di Paul Van Dyk), per sua sfortuna oscurata da Lincoln Barrett (High Contrast), che vince a mani basse con la splendida poesia tecnologica di "Moon in water". Quando il timer segna quasi cinquanta minuti è tempo di spegnere le strobo e andare a casa coccolati dall'intimità della dolce "Louisiana", il pezzo che ti fa capire che il duo sta invecchiando (bicchiere mezzo vuoto) o maturando (bicchiere mezzo pieno).

7.5/10

Highlights: Bird 1, Always loved a film, Diamond jigsaw, Moon in water, Lousiana.

7.04.2011

Tv On The Radio - Nine types of light (2011, Interscope)

Quando tiri fuori un disco come "Dear science" è quasi buona educazione non pretendere il bis: sarebbe un po' come chiedere un miracolo. "Nine types of light" - il quarto disco dei Tv On The Radio - non colpisce in maniera assoluta e insindacabile come il suo illustrissimo predecessore, ma la notizia è che ci va molto, molto vicino. Ad accoglierci all'ingresso troviamo il funk elettronico di "Second song", dapprima riservato e poi ultra-spumeggiante quando decide di aprirsi in un ritornello che dal nulla resuscita i Bee Gees. Subito dopo c'è la poesia toccante di "Keep your heart", seguita da "You", una dichiarazione d'amore sincera e positiva. "No future shock" movimenta la situazione senza impressionare particolarmente, mentre la riflessiva "Killer crane" ha un che di Pinkfloydiano (e scusate se è poco). Il singolo "Will do" non delude, mentre il fare glorioso di "New cannonball run" e la frenesia di "Repetition" fanno da contrasto ai toni grigi della splendida "Forgotten". A chiudere il mezzo crossover di "Caffeinated consciousness", che finge rabbia per poi distendersi (come da copione) in un chorus melodico e morbido. Libertà stilistica, musica di spessore e testi di un certo rilievo: sono poche le band che riescono a coniugare questi tre elementi con naturalezza.

8.5/10

Highlights: Tutto.