Come un vero signore, due anni fa David Robert Jones offrì da bere a tutti il giorno del suo compleanno. E lo fece a sorpresa: senza alcun preavviso, l'8 Gennaio 2013 mi svegliai sulle dolci note di Where are we now, singolo che preannunciava un nuovo album di Bowie dopo 10 interminabili anni di silenzio. Fu un risveglio talmente intenso da arrivare a sfiorare la vivida emozione che prova un bambino quando apre gli occhi la mattina di Natale. Tra meno di un mese si brinderà ai suoi 69 anni, e questa volta il Duca Bianco ha già pianificato tutto: la festa verrà celebrata con il venticinquesimo disco di una carriera monumentale, infinita.
Se in linea generale parrebbe legittimo domandarsi cosa abbia ancora da offrire un musicista in attività da quasi cinque decadi, la questione non si pone con David Bowie. Un personaggio del suo calibro, che ha fatto del trasformismo e dell'eclettismo uno stile di vita, non deve fornire alcuna giustificazione: quando il momento non gli sembra opportuno si nasconde dai riflettori (ed è un professionista anche in questo campo), quando l'ispirazione ha la meglio entra in studio e sforna capolavori. Qualcuno potrebbe obiettare che nella mastodontica discografia di Bowie ci siano anche album che non si possono definire capolavori: ma – tolto il fatto che probabilmente non esistono artisti in grado di plasmare venticinque opere inappuntabili - per chi ama sperimentare la perfezione è un concetto estremamente relativo. Instabile. Forse giustamente inarrivabile.
Il nuovo tassello della suddetta discografia non fa eccezione. Non si tratta di un disco facile, soprattutto per chi ha una conoscenza solo superficiale di Bowie: a differenza del recente – tutto sommato facilmente digeribile - The next day, per cogliere l'essenza di Blackstar è necessario avere compiuto un percorso grandioso, che si snoda lungo una carriera camaleontica. Una carriera che di frequente ha esplorato meandri ostici, rincorrendo (e spesso anticipando) il futuro. Ogni tanto la parola art-rock viene utilizzata alla leggera: nel caso del nuovo lavoro dell'Uomo Che Cadde Sulla Terra l'espressione calza a pennello.
Come potrebbe altrimenti definirsi il meraviglioso “singolo” di 10 minuti spaccati (nota bene: è stato tagliato, perché iTunes non può vendere brani singoli che superino tale timing) che si avventura con risolutezza in digressioni, cambi di ritmo e soluzioni armoniche eccentriche? E' davvero giusto definirla semplicemente una canzone? Non sarebbe più appropriato servirsi del termine “Opera d'arte”?
Gli altri brani che compongono Blackstar si collocano sulle stesse frequenze emozionali, a cominciare dal nuovo singolo Lazarus: è disorientante l'equilibrio tra dolore e speranza che trapela dal singolare mix di chitarre distorte, morbido piano elettrico, fiati voluminosi e un elemento totalmente fuori controllo (il sassofono, uno dei primi strumenti in grado di fare breccia nel cuore di Bowie). Lo stesso sax che stride e osa nella nuova versione di 'Tis a pity she was a whore, pezzo che insieme agli isterismi ritmici tendenti al jazz di Sue (or in a season of crime) (anch'essa reinterpretata per l'occasione) spicca per grinta e vitalità. "Girl loves me" punta su uno swing vacillante, lasciando al basso il compito di quadrare il ritmo e ai maestosi archi quello di emozionare, mentre Dollar days è una ballad agrodolce e lancinante, forse il momento più pulito dell'intero disco. I can't keep everything away è quello che si definisce un finale da brividi: il crescendo (con tanto di batteria trattata, armonica e solo di chitarra elettrica sullo sfondo) è di un'imponenza inaudita.
L'ascolto di Blackstar confonde e conforta. Ti lascia stordito, ti smuove qualcosa dentro e non sai di che cosa si tratta. “Dire di più e volere dire meno / Dire di no ma intendere si / Questo è tutto quello che ho voluto comunicare / Questo è il messaggio che ho voluto mandare”. Sono parole tratte dall'ultimo pezzo, che vanno accettate così, nella loro ferma incompiutezza. Parole che riecheggiano all'infinito nella testa di chi decide di sfidare l'ignoto e lasciarsi trasportare nel meraviglioso mondo di David Robert Jones. In alto i calici: buon compleanno, Duca Bianco.
8.5/10
Highlights: Tutto.
12.31.2015
12.14.2015
Grimes - Art Angels (2015, 4AD)
La canadese Claire Elise Boucher è un tipetto singolare. Da bimba ha preso lezioni di balletto per 11 anni, poi ha optato per l'università puntando alla laurea in neuroscienze. Quando però ha deciso di dedicarsi alla musica (chiudendosi in studio per lassi di tempo interminabili come il più nerd dei produttori) l'ateneo ha cominciato a punirla per le sue assenze, fino ad espellerla dai corsi. Il suo primo album esce nel 2010 su cassetta (!!!), poi nel 2012 l'influente label britannica 4AD si accorge di lei e il terzo disco (Visions) assume i contorni della svolta: diverse testate specializzate osannano la sua musica, e Jay-Z decide di arruolarla nella sua Roc Nation. Claire – oggi ventisettenne - ha una faccia da bambina: pare assurdo pensare che abbia avuto un passato molto difficile a causa di assuefazioni varie, ma fortunatamente si tratta di un problema che ora sembra essersi lasciata alle spalle.
"Art angels" esce nell'ennesimo momento delicato della vita di Claire. In tempi recenti aveva accusato l'industria musicale di focalizzarsi troppo sulla sua vocina, evitando accuratamente di menzionare le sue doti tecniche; la convinzione che una ragazza non potesse mai raggiungere lo status di produttore (a suo avviso riservato a figure maschili) l'ha frustrata al punto di considerare l'opzione di rinunciare al suo progetto artistico. Ma come spesso capita, una volta toccato il fondo si è resa conto che avrebbe dovuto continuare a lottare: doveva difendere una causa importante, che andava oltre la musica.
E meno male che ha trovato la forza di rialzarsi: perché oltre ad avere il dono di scrivere bene, Claire Boucher è anche una “produttrice” coi fiocchi. Mettendo da parte gli eccessi di sperimentazione che avevano caratterizzato i lavori precedenti, "Art angels" colpisce per come riesce ad essere diretto e al contempo illuminante. Alcune scelte spiazzano e divertono fin dal primo ascolto, come il grottesco (e geniale) cheerleading di "Kill V. Maim". l'uso fuori contesto del ritmo Diwali in "California" e quel gran casino di lingue, ritmi e stili che è "Scream". Altre soluzioni di arrangiamento paiono superficialmente revival, ma ci si mette poco ad accorgersi che nascondono un sorprendente modernismo ("Flesh without blood", "Realiti", "Artangels"). Non ci sono brani deboli (e questa è già una notizia da prima pagina), ma merita una menzione particolare il duetto con Janelle Monàe, un'altra delle "signorine alternative” più valide della nostra epoca: "Venus fly" provoca assuefazione.
"Art angels" è disseminato di colpi di genio, e non perde mai un'occasione per stupire l'ascoltatore; allo stesso tempo – grazie a qualche strana formula magica - rapisce con una facilità fuori dal normale. E' musica “diversa” per tutti. E' arte che scivola spontaneamente nel pop.
8/10
Highlights: California, Scream, Flesh without blood, Kill V. Maim, Easily, Realiti, Venus fly.
"Art angels" esce nell'ennesimo momento delicato della vita di Claire. In tempi recenti aveva accusato l'industria musicale di focalizzarsi troppo sulla sua vocina, evitando accuratamente di menzionare le sue doti tecniche; la convinzione che una ragazza non potesse mai raggiungere lo status di produttore (a suo avviso riservato a figure maschili) l'ha frustrata al punto di considerare l'opzione di rinunciare al suo progetto artistico. Ma come spesso capita, una volta toccato il fondo si è resa conto che avrebbe dovuto continuare a lottare: doveva difendere una causa importante, che andava oltre la musica.
E meno male che ha trovato la forza di rialzarsi: perché oltre ad avere il dono di scrivere bene, Claire Boucher è anche una “produttrice” coi fiocchi. Mettendo da parte gli eccessi di sperimentazione che avevano caratterizzato i lavori precedenti, "Art angels" colpisce per come riesce ad essere diretto e al contempo illuminante. Alcune scelte spiazzano e divertono fin dal primo ascolto, come il grottesco (e geniale) cheerleading di "Kill V. Maim". l'uso fuori contesto del ritmo Diwali in "California" e quel gran casino di lingue, ritmi e stili che è "Scream". Altre soluzioni di arrangiamento paiono superficialmente revival, ma ci si mette poco ad accorgersi che nascondono un sorprendente modernismo ("Flesh without blood", "Realiti", "Artangels"). Non ci sono brani deboli (e questa è già una notizia da prima pagina), ma merita una menzione particolare il duetto con Janelle Monàe, un'altra delle "signorine alternative” più valide della nostra epoca: "Venus fly" provoca assuefazione.
"Art angels" è disseminato di colpi di genio, e non perde mai un'occasione per stupire l'ascoltatore; allo stesso tempo – grazie a qualche strana formula magica - rapisce con una facilità fuori dal normale. E' musica “diversa” per tutti. E' arte che scivola spontaneamente nel pop.
8/10
Highlights: California, Scream, Flesh without blood, Kill V. Maim, Easily, Realiti, Venus fly.
12.04.2015
Coldplay - A head full of dreams (2015, Parlophone)
A dire il vero ho cominciato a sentire puzza di bruciato fin dalla mattina del 6 Novembre, giorno nel quale la Rete mi ha avvisato dell’uscita del singolo Adventure Of A Lifetime. E non perché fosse brutto, anzi. Ho subito colto il potenziale pop dell’arrangiamento disco e l’inattaccabile forza della melodia, però non mi siete sembrati sinceri: mi suonava come un inno alla felicità poco spontaneo. Nonostante i comprensibilissimi “up and down” di una carriera ormai quasi ventennale, è stata forse la prima volta che la mia anima non è stata nemmeno lontanamente sfiorata da un vostro pezzo. E il fatto che adesso lo reputi uno degli highlight di questo nuovo album rende il tutto molto preoccupante. Passi la leggerezza della title-track che apre le danze: può benissimo essere interpretata come mera introduzione, niente di male. Ma anche la successiva Birds – con quell’incedere veloce ma non ficcante della batteria di plastica e quella linea melodica dimenticabile – non ha lasciato alcuna traccia nel mio cuore. La decente Hymn For The Weekend mi riporta per ovvie ragioni di featuring a Princess Of China (sempre da Mylo Xyloto), ma mi è sembrata un’ottusa dichiarazione del tipo «Abbiamo fatto il pezzo pop con la numero due (Rihanna) e adesso lo facciamo con la numero 1 (Beyoncé)». Amazing Day è un pezzo che definirei “natalizio” (e no, non è un complimento), Army Of One e Up & Up sono dei trionfi di banalità. Faccio inoltre molta fatica a dare valore artistico ai campionamenti di Obama e del poeta persiano Rumi negli interludi Kaleidoscope e Colour Spectrum. Per concludere, a mio parere il punto più basso viene raggiunto con il pezzo “nascosto” X Marks The Spot (che parte dopo Army Of One). Ebbene, questa è senza dubbio la canzone che vorrei che non avessi mai pubblicato, Chris. Senza offesa: hai fatto bene a cercare di nasconderla.
Cosa rimane dunque? Un paio di ballad ben scritte come Everglow, con echi di Ghost Stories e dei Coldplay prima maniera, e Fun, con una Tove Lo che (in)canta. Rimane anche l’idea che quando ti affidi a chi è esperto del settore (in questo caso il duo norvegese Stargate, al lavoro su Adventure Of A Lifetime e Everglow) qualche risultato lo ottieni. Quando invece provi da solo a confezionare un prodotto da scaffale senza metterci la dovuta passione rischi parecchio, e devi mettere in conto anche un possibile fallimento. E se la tua band risponde al nome di Coldplay sai che le aspettative sono alte, giusto? E allora la domanda che mi sorge spontanea non è «Di già?» e neppure «Ancora?». La mia domanda è «Perché, Chris? Perché?».
5/10
Highlights: Hymn for the weekend, Everglow, Adventure of a lifetime, Fun.
Highlights: Hymn for the weekend, Everglow, Adventure of a lifetime, Fun.
10.01.2015
Ella Eyre - Feline (2015, Virgin Emi)
Come riuscire a combinare le parole "pop" e "freschezza"? Arrivare alle orecchie e al cuore di tutti (appassionati di musica e ascoltatori occasionali/distratti) è già di per sé una sfida titanica; se poi si cerca di essere pure originali, il compito da arduo diventa quasi impossibile.
Ella McMahon è una cantautrice britannica poco più che ventenne. Nel suo curriculum un paio di momenti memorabili: il featuring del 2013 con il quartetto drum & bass Rudimental (che raggiunge la vetta della classifica dei singoli Uk) e la recente Gravity insieme a Dj Fresh (top 5 Uk). Naturalmente quando si parla di musica che gira intorno ai 150 bpm con tanto di ritmica spezzata e sub prepotenti la nostra nazione pone il divieto assoluto di ingresso in programmazioni radio, playlist e chart: evidentemente qualcuno ha deciso che la drum & bass non va bene per l'Italia, oppure gli Italiani non apprezzano la drum & bass. Una rapida ricerca su internet mi mostra ad oggi un solo risultato: Radio Deejay suona la domenica mattina una cover degli Emotions ("Best of my love", 1977, cassa dritta e ritmica disco/funk) incisa da Ella Eyre in occasione del lancio della nuova Fiat 500.
E' un peccato perdersi tutto il resto: il gusto pop/soul in salsa d&b, gli imponenti (quanto impeccabili) arrangiamenti di fiati, le Canzoni con la C maiuscola. Ma anche ritmiche e intenzioni più vicine al mondo di icone moderne come Amy Winehose e Adele, e una personalità notevole che si esprime attraverso una voce da applausi.
"Feline" è uscito a fine Agosto. La speranza è che - superate certe misteriose esitazioni - le radio nostrane si accorgano di Ella con leggero ritardo; la mia (pessimistica) convinzione personale è che questo disco da noi non otterrà mai la considerazione che merita.
8/10
Highlights: Tutto.
Ella McMahon è una cantautrice britannica poco più che ventenne. Nel suo curriculum un paio di momenti memorabili: il featuring del 2013 con il quartetto drum & bass Rudimental (che raggiunge la vetta della classifica dei singoli Uk) e la recente Gravity insieme a Dj Fresh (top 5 Uk). Naturalmente quando si parla di musica che gira intorno ai 150 bpm con tanto di ritmica spezzata e sub prepotenti la nostra nazione pone il divieto assoluto di ingresso in programmazioni radio, playlist e chart: evidentemente qualcuno ha deciso che la drum & bass non va bene per l'Italia, oppure gli Italiani non apprezzano la drum & bass. Una rapida ricerca su internet mi mostra ad oggi un solo risultato: Radio Deejay suona la domenica mattina una cover degli Emotions ("Best of my love", 1977, cassa dritta e ritmica disco/funk) incisa da Ella Eyre in occasione del lancio della nuova Fiat 500.
E' un peccato perdersi tutto il resto: il gusto pop/soul in salsa d&b, gli imponenti (quanto impeccabili) arrangiamenti di fiati, le Canzoni con la C maiuscola. Ma anche ritmiche e intenzioni più vicine al mondo di icone moderne come Amy Winehose e Adele, e una personalità notevole che si esprime attraverso una voce da applausi.
"Feline" è uscito a fine Agosto. La speranza è che - superate certe misteriose esitazioni - le radio nostrane si accorgano di Ella con leggero ritardo; la mia (pessimistica) convinzione personale è che questo disco da noi non otterrà mai la considerazione che merita.
8/10
Highlights: Tutto.
9.26.2015
Disclosure - Caracal (2015, PMR / Island)
All'alba del secondo album i Disclosure sembrano già dei veterani della scena. Veterani al punto che capita di imbattersi in pareri discordanti da parte di chi ascolta: da una parte c'è chi crede che continuino a rappresentare al meglio l'incursione pseudo-garage nel pop, dall'altra c'è chi sostiene che l'eccessiva esposizione mediatica abbia annacquato il loro stile, snaturando quello che inizialmente pareva un genuino house-revival pensato da menti fresche (anzi, freschissime) e che ora puzza già di marcio. Una cosa è certa: quando ascolti un pezzo dei Disclosure lo riconosci dal primissimo istante. E questo non è un particolare trascurabile.
Il suono che i fratelli Lawrence ricercano è identificabile e a suo modo inconfondibile. Con tutta la musica dance che ci piove addosso nel 2015 capita raramente di trovarsi nella posizione di ascoltare un frammento di un brano e poterlo ricondurre con un discreto margine di sicurezza a un artista specifico. Il fatto che certe soluzioni diventino alla lunga familiari (se non prevedibili) non può dunque essere una giustificazione sufficiente per considerarli dei "bolliti". E non importa che questa società viaggi (inevitabilmente) alla velocità di crociera dettata dalla fibra ottica: un prodotto ben fatto riesce sempre a sfuggire alle categorie e al tempo.
"Caracal" non suona affatto diverso dal precedente "Settle". Rallenta più spesso i bpm, si sbarazza dei campioni e si concentra maggiormente sulla forma canzone ("E' troppo pop!" dicono le malelingue, "E' segno di maturazione" rispondono i sostenitori). Ospita voci che attualmente frequentano le prime posizioni delle classifiche (The Weekend, Sam Smith, Lorde) e nomi ancora poco noti al grande pubblico (Kwabs, Lion Babe, Jordan Rakei), senza vanità o vergogna, ma cercando semplicemente di cucire il giusto vestito intorno alle peculiarità di ogni singolo featuring. Suona moderno, ma mantiene un assoluto rispetto nei confronti del credo house (un equilibrio non proprio semplice da raggiungere).
Forse in un mondo idealmente privo di "hype" i Disclosure non sarebbero arrivati lassù; ma perlomeno non si proverebbe a mettere in discussione il valore di un disco come "Caracal".
8.5/10
Highlights: Tutto.
Il suono che i fratelli Lawrence ricercano è identificabile e a suo modo inconfondibile. Con tutta la musica dance che ci piove addosso nel 2015 capita raramente di trovarsi nella posizione di ascoltare un frammento di un brano e poterlo ricondurre con un discreto margine di sicurezza a un artista specifico. Il fatto che certe soluzioni diventino alla lunga familiari (se non prevedibili) non può dunque essere una giustificazione sufficiente per considerarli dei "bolliti". E non importa che questa società viaggi (inevitabilmente) alla velocità di crociera dettata dalla fibra ottica: un prodotto ben fatto riesce sempre a sfuggire alle categorie e al tempo.
"Caracal" non suona affatto diverso dal precedente "Settle". Rallenta più spesso i bpm, si sbarazza dei campioni e si concentra maggiormente sulla forma canzone ("E' troppo pop!" dicono le malelingue, "E' segno di maturazione" rispondono i sostenitori). Ospita voci che attualmente frequentano le prime posizioni delle classifiche (The Weekend, Sam Smith, Lorde) e nomi ancora poco noti al grande pubblico (Kwabs, Lion Babe, Jordan Rakei), senza vanità o vergogna, ma cercando semplicemente di cucire il giusto vestito intorno alle peculiarità di ogni singolo featuring. Suona moderno, ma mantiene un assoluto rispetto nei confronti del credo house (un equilibrio non proprio semplice da raggiungere).
Forse in un mondo idealmente privo di "hype" i Disclosure non sarebbero arrivati lassù; ma perlomeno non si proverebbe a mettere in discussione il valore di un disco come "Caracal".
8.5/10
Highlights: Tutto.
9.23.2015
Sofie Letitre - Uncanny valley e.p. (2015, Division)
Sbirciando la biografia ufficiale dell'olandese Sofie Letitre mi sono imbattuto in una definizione che meglio non potrebbe sintetizzare la sua musica: Dark Pop. Colto dal lancinante senso di colpa per non avere mai preso in considerazione un termine tanto semplice quanto efficace (soprattutto alla luce della miriade di producer/cantanti/produttori che in tempi recenti hanno esplorato tale lato del pop), mi sono affidato allo strapotere di Google, digitando le due fatidiche paroline seguite da "wiki". Non ho ottenuto risultati: il che significa che la bibbia odierna (leggi wikipedia) non sfoggia ancora una voce corrispondente (ed è bene considerare che tra le infinite diramazioni di generi musicali esplicitate dall'Enciclopedia Online si trovano cose tipo Depressive Black Metal).
Soprassedendo sulla (in)utilità della categorizzazione-a-tutti-i-costi (malattia piuttosto diffusa tra giornalisti, dj e feticisti musicali in genere), bisogna ammettere che in questo singolo caso l'accostamento di quelle due parole fa il suo dovere. Le architetture sonore firmate Thijs De Vlieger (un terzo dei Noisia) sono (a dir poco sorprendentemente) minimali, e creano il giusto spazio per l'evocativa voce di Sofie che intona melodie di chiara derivazione Bristol anni 90 (o - pronunciando una parola caduta ormai in disuso - Trip-Hop).
Il risultato è un e.p. assolutamente moderno che suona già come un classico. 6 pezzi che colpiscono fin dallo sbrigativo preview, per poi rivelare tutta la loro sostanza in fase di ascolto completo.
8.5/10
Highlights: Tutto.
Soprassedendo sulla (in)utilità della categorizzazione-a-tutti-i-costi (malattia piuttosto diffusa tra giornalisti, dj e feticisti musicali in genere), bisogna ammettere che in questo singolo caso l'accostamento di quelle due parole fa il suo dovere. Le architetture sonore firmate Thijs De Vlieger (un terzo dei Noisia) sono (a dir poco sorprendentemente) minimali, e creano il giusto spazio per l'evocativa voce di Sofie che intona melodie di chiara derivazione Bristol anni 90 (o - pronunciando una parola caduta ormai in disuso - Trip-Hop).
Il risultato è un e.p. assolutamente moderno che suona già come un classico. 6 pezzi che colpiscono fin dallo sbrigativo preview, per poi rivelare tutta la loro sostanza in fase di ascolto completo.
8.5/10
Highlights: Tutto.
7.09.2015
Ash - Kablammo! (2015, Octave)
Sette anni fa l'annuncio: "Twilight Of The Innocents sarà il nostro ultimo album. D'ora in avanti pubblicheremo solo singoli, perché il modo in cui si ascolta la musica è cambiato".
Dal 18 Maggio 2009, gli Ash mettono in circolazione un singolo ogni due settimane, sia in formato digitale che su 7" in edizione limitata. In tutto le tracce saranno 26, come le lettere dell'alfabeto. Il pacchetto completo verrà archiviato come "A-Z Series".
Dichiararsi pro-singoli digitali e stampare comunque delle copie in vinile (con l'intenzione di accontentare contemporaneamente sia il grande pubblico che i feticisti) è una strategia che di per sé lascia trasparire poca convinzione. Forse dopo questo tentativo la band irlandese ha provato un po' di nostalgia dei bei tempi andati, e non ha resistito alla tentazione di fare un giro sulla macchina del tempo. Sta di fatto che oggi - nel 2015 - gli Ash hanno deciso di tornare al caro, vecchio e bistrattato formato LP.
Con tutti i (leciti) dubbi del caso - perché le strategie di marketing si sposano molto raramente con impulsi emotivi, preferendo sacrificare il romanticismo all'altare del reddito economico - mi piace pensare che Tim Wheeler e soci abbiano voluto fare un esplicito passo indietro, ammettendo di fatto di avere compiuto un grave errore. Lo stesso errore che commette il dj quando suona solo ed esclusivamente i pezzi che la gente vuole sentire, e dimentica di dare alle persone quello che "non sanno di volere".
La verità è che oggi è tutto troppo comodo, troppo "a portata di indice". Si ascolta un brano di una band, poi ci si stanca e sfiorando un touchscreen si cambia pezzo, genere e mood in tempo zero. Nessuno sbattimento tipo sostituire un cd, nemmeno il minimo sforzo di cercare i file tra le cartelle a colpi di clic. La superficialità regna sovrana, e non potrebbe essere altrimenti: salvo rare eccezioni, i ritornelli che colpiscono al primo ascolto hanno sempre occupato i primi posti delle classifiche e hanno sempre monopolizzato trasmissioni radiofoniche e sessioni di fischiettii sotto la doccia. Ora che basta appoggiare un dito su uno schermo che cosa ci si può aspettare? E' più facile che l'utente si rimbocchi le maniche e vada a "scoprire nuova musica" oppure che si accontenti di andare sul sicuro puntando dritto su chart e playlist pre-confezionate?
La comodità comporta sempre un dazio da pagare. Hai tutto? Finisce che non vuoi più niente. O meglio, che non sai più quello che vuoi. O che diventi troppo pigro per tuffarti in quell'oceano sconfinato e riemergere vincitore dopo ore di ricerca sfoggiando il tuo trofeo.
Non è vero che internet rende tutto più semplice: le nuove generazioni - che perfino impegnandosi fanno fatica a trovare un negozio di dischi ancora aperto in città - dovranno sudare molto di più per raggiungere quello che non sanno di volere. E in questo senso anche nell'epoca dello streaming selvaggio un album può aiutare.
Gli album non sono sempre banali raccolte di canzoni. Il rock ha bisogno di LP, perché definiscono e contestualizzano. Ti prendono per mano e ti indicano la via. Se un singolo può essere paragonato ad una frase ad effetto che ti regala un'emozione, un album equivale a un discorso (che in quanto più articolato necessita di una maggiore attenzione e richiede più impegno) che può arrivare a cambiare il tuo modo di pensare.
"Kablammo!" non è il disco dell'anno, e non credo che entrerà nella storia perché in grado di migliorare la vita a qualcuno. Non aggiunge niente di nuovo al repertorio degli Ash, e suona indiscutibilmente anni 90. Ma mostra una scrittura inattaccabile e una produzione azzeccatissima, e rinverdisce i fasti di una formazione che personalmente ho sempre adorato (Twilight Of The Innocents a parte - ma forse ai tempi ho avuto un approccio negativo perché la loro decisione di non scrivere più album mi aveva fatto arrabbiare). Per gli ultra-trentenni come il sottoscritto "Kablammo!" è uno splendido viaggio nel tempo, qualcosa di cui mi sono accorto di sentire la mancanza solo quando ho premuto il tasto "Play" e mi sono ritrovato ad ascoltarlo in loop tre, quattro, cinque volte di fila. Bentornati, dunque. E lunga vita agli album.
8.5/10
Highlights: Tutto.
Dal 18 Maggio 2009, gli Ash mettono in circolazione un singolo ogni due settimane, sia in formato digitale che su 7" in edizione limitata. In tutto le tracce saranno 26, come le lettere dell'alfabeto. Il pacchetto completo verrà archiviato come "A-Z Series".
Dichiararsi pro-singoli digitali e stampare comunque delle copie in vinile (con l'intenzione di accontentare contemporaneamente sia il grande pubblico che i feticisti) è una strategia che di per sé lascia trasparire poca convinzione. Forse dopo questo tentativo la band irlandese ha provato un po' di nostalgia dei bei tempi andati, e non ha resistito alla tentazione di fare un giro sulla macchina del tempo. Sta di fatto che oggi - nel 2015 - gli Ash hanno deciso di tornare al caro, vecchio e bistrattato formato LP.
Con tutti i (leciti) dubbi del caso - perché le strategie di marketing si sposano molto raramente con impulsi emotivi, preferendo sacrificare il romanticismo all'altare del reddito economico - mi piace pensare che Tim Wheeler e soci abbiano voluto fare un esplicito passo indietro, ammettendo di fatto di avere compiuto un grave errore. Lo stesso errore che commette il dj quando suona solo ed esclusivamente i pezzi che la gente vuole sentire, e dimentica di dare alle persone quello che "non sanno di volere".
La verità è che oggi è tutto troppo comodo, troppo "a portata di indice". Si ascolta un brano di una band, poi ci si stanca e sfiorando un touchscreen si cambia pezzo, genere e mood in tempo zero. Nessuno sbattimento tipo sostituire un cd, nemmeno il minimo sforzo di cercare i file tra le cartelle a colpi di clic. La superficialità regna sovrana, e non potrebbe essere altrimenti: salvo rare eccezioni, i ritornelli che colpiscono al primo ascolto hanno sempre occupato i primi posti delle classifiche e hanno sempre monopolizzato trasmissioni radiofoniche e sessioni di fischiettii sotto la doccia. Ora che basta appoggiare un dito su uno schermo che cosa ci si può aspettare? E' più facile che l'utente si rimbocchi le maniche e vada a "scoprire nuova musica" oppure che si accontenti di andare sul sicuro puntando dritto su chart e playlist pre-confezionate?
La comodità comporta sempre un dazio da pagare. Hai tutto? Finisce che non vuoi più niente. O meglio, che non sai più quello che vuoi. O che diventi troppo pigro per tuffarti in quell'oceano sconfinato e riemergere vincitore dopo ore di ricerca sfoggiando il tuo trofeo.
Non è vero che internet rende tutto più semplice: le nuove generazioni - che perfino impegnandosi fanno fatica a trovare un negozio di dischi ancora aperto in città - dovranno sudare molto di più per raggiungere quello che non sanno di volere. E in questo senso anche nell'epoca dello streaming selvaggio un album può aiutare.
Gli album non sono sempre banali raccolte di canzoni. Il rock ha bisogno di LP, perché definiscono e contestualizzano. Ti prendono per mano e ti indicano la via. Se un singolo può essere paragonato ad una frase ad effetto che ti regala un'emozione, un album equivale a un discorso (che in quanto più articolato necessita di una maggiore attenzione e richiede più impegno) che può arrivare a cambiare il tuo modo di pensare.
"Kablammo!" non è il disco dell'anno, e non credo che entrerà nella storia perché in grado di migliorare la vita a qualcuno. Non aggiunge niente di nuovo al repertorio degli Ash, e suona indiscutibilmente anni 90. Ma mostra una scrittura inattaccabile e una produzione azzeccatissima, e rinverdisce i fasti di una formazione che personalmente ho sempre adorato (Twilight Of The Innocents a parte - ma forse ai tempi ho avuto un approccio negativo perché la loro decisione di non scrivere più album mi aveva fatto arrabbiare). Per gli ultra-trentenni come il sottoscritto "Kablammo!" è uno splendido viaggio nel tempo, qualcosa di cui mi sono accorto di sentire la mancanza solo quando ho premuto il tasto "Play" e mi sono ritrovato ad ascoltarlo in loop tre, quattro, cinque volte di fila. Bentornati, dunque. E lunga vita agli album.
8.5/10
Highlights: Tutto.
6.11.2015
Muse - Drones (2015, Warner)
La volontà di evitare eccessive sperimentazioni a livello di strumentazione si riflette in un disco vario ma dal suono compatto. Il lavoro di Robert Lange in fase di produzione è perfetto: il risultato è un album che passa dall'incedere funky di Dead Inside alle terzine distorte di Psycho, dal riff di piano di Mercy al sublime hard-rock della mutevole Reapers, e dal tapping di The Handler alla trilogia cinematica finale senza perdere la coesione sonora. Se le canzoni prese singolarmente valgono la metà è anche merito suo: per goderne appieno, Drones va ascoltato dall'inizio alla fine - non esistono grandi compromessi. Nonostante la presenza di un brano del calibro di The Globalist (che a quanto pare è lo strombazzato seguito di Citizen Erased) e il prevedibile valore della maggioranza dei pezzi che compongono la scaletta di Drones, bisogna però essere onesti: questo non è il lavoro migliore del trio britannico, soprattutto tenendo in considerazione alcuni momenti della loro carriera. D'altra parte se bissare certi dischi diventa un'impresa il merito va a chi quei dischi è stato capace di scriverli. Accontentiamoci, ricordandoci che di band così non ce ne sono poi tante.
7/10
Highlights: Dead inside, Psycho, Reapers, Defector, Revolt, Aftermath, The globalist.
6.01.2015
Major Lazer - Peace is the mission (2015, Mad Decent)
Reduce dalla collaborazione con quel terrorista sonoro che risponde al nome di Skrillex, Thomas Pentz torna a sirene spiegate ad occuparsi di Major Lazer - forte delle ottime posizioni raggiunte nelle chart di mezzo mondo con il singolo "Lean on" (ad oggi il brano più popolare nella storia del progetto). Gli ingredienti non sono cambiati: spirito dancehall e contaminazioni electro, linee melodiche facili e ripartenze killer, compressioni spinte e una discreta dose di tamarraggine.
C'è chi non riesce più a digerire Major Lazer da quando Switch ha preferito defilarsi, denunciando l'eccessivo opportunismo della gang di Diplo. E' indubbio che sia definitivamente scomparso l'effetto sorpresa - che poi fu la chiave del successo (più a livello critico che commerciale) del primo "Guns don't kill people...lazers do". Ma forse il segreto sta nel considerare "Peace is the mission" per quello che è: una mezz'oretta abbondante di sfacciato meltin' pot ben prodotto e divertente.
7/10
Highlights: Be together, Too original, Lean on, Powerful, Night riders.
C'è chi non riesce più a digerire Major Lazer da quando Switch ha preferito defilarsi, denunciando l'eccessivo opportunismo della gang di Diplo. E' indubbio che sia definitivamente scomparso l'effetto sorpresa - che poi fu la chiave del successo (più a livello critico che commerciale) del primo "Guns don't kill people...lazers do". Ma forse il segreto sta nel considerare "Peace is the mission" per quello che è: una mezz'oretta abbondante di sfacciato meltin' pot ben prodotto e divertente.
7/10
Highlights: Be together, Too original, Lean on, Powerful, Night riders.
5.18.2015
Francesca Belmonte - Anima (2015, False Idols)
Da qualche tempo Francesca Belmonte è il featuring preferito di Adrian Thaws; oggi i ruoli si invertono, e tocca allo stesso Tricky arrangiarle l'album di debutto e pubblicarlo sulla label di casa - la False Idols. Il risultato della già rodata collaborazione è un disco assolutamente in linea con le previsioni: melodie sussurrate e un alone di oscurità si fondono a celebrare il mito del trip-hop - più che un genere un'attitudine - che scorre nelle vene di entrambi. Episodi come "Brothers & sisters", "Daisy" "Fast" e "Lying on the moon" iniettano un po' di energia nel contesto, "Joker" devia leggermente puntando su uno swing jazzy, "Come take" sorprende con un marcato gusto r&b. Sarebbe sbagliato etichettare "Anima" come una semplice operazione nostalgia. Negli anni il trip-hop è stato dato per morto una dozzina di volte: ma è soprattutto grazie a gente come Adrian Thaws e Francesca Belmonte che ora riesce ad allinearsi con i tempi moderni senza contraddire i principi di Bristol. Well done.
8/10
Highlights: Hiding in the rushes, Stole, Keep moving, walk with you, Brothers & sisters, Come take, Your sons, Are you.
8/10
Highlights: Hiding in the rushes, Stole, Keep moving, walk with you, Brothers & sisters, Come take, Your sons, Are you.
5.05.2015
Mumford & Sons - Wilder mind (2015, V2)
Il rischio è di quelli enormi: l'equivalente di recidere con un colpo secco il cordone ombelicale che lega Marcus Mumford & Soci al proprio passato. Un passato di grande e fulmineo successo, frutto di scelte quantomeno bizzarre o comunque fuori contesto rispetto ai costumi della scena rock – come l'implementazione di strumenti acustici fuori moda e fuori dal tempo (vedi il banjo) e l'utilizzo con il contagocce della batteria (sostituita da infiniti strati di suoni a elevare l'impatto ritmico dei brani).
Diciamolo senza tante esitazioni: qui il quartetto di Londra si standardizza. L'ascolto del singolo Believe aveva già messo in chiaro la situazione, confermata in maniera convinta dalle confessioni dei ragazzi sul fatto che tale strada fosse ad oggi l'unica percorribile dalla band. La loro speranza è che il cambio radicale di stile non venga frainteso: guai a pensare che sia stata una mossa pianificata per occupare un posto ancora più rilevante nella scena mainstream.
E in effetti un argomento che gioca a loro favore è sotto gli occhi di tutti: i Mumford & Sons nelle grazie degli ascoltatori di mezzo mondo ci erano già entrati da un pezzo, e percorrendo una via tutt'altro che scontata. Dunque quale bisogno potevano avere di ricercare un suono più facilmente assimilabile dal grande pubblico? Probabilmente nessuno. Ciò detto, è quasi pleonastico affermare che gran parte dei fan della vecchia guardia esiteranno a riconoscersi in un disco che – nel bene, nel male o nell'indifferenza – coglie alla sprovvista.
Fortuna che al banco del mixer si siede un personaggio che ne sa parecchio. Quel James Ford (ex Simian e adesso metà dei Simian Mobile Disco) fedelissimo di Alex Turner. Un musicista giovane, eclettico e moderno. Ebbene, i Mumford farebbero bene a tenerselo stretto; perché per quanto le melodie di Wilder Mind non siano affatto da buttare, il vestito che James confeziona è inattaccabile e diventa l'armatura impenetrabile di un lavoro che avrebbe potuto causare più danni che benefici.
Il risultato è che - pur risultando per ovvie ragioni meno intrigante di Sigh No More e Babel - Wilder Mind alla fine se la cava: inciampa in un paio di episodi tiepidi (come la title track), ma tra ballad gentili (Cold Arms, Broad Shouldered Beasts), mezzi tempi leggeri (Just Smoke) e brani decisamente più energici (Tompkins Square Park, The Wolf, Only Love) scorre piacevole. Niente miracoli, ma nemmeno condanne senza appello: e dati i presupposti, c'è di che gioire.
7.5/10
Highlights: Believe, Just smoke, Monster, Snake eyes, Broad-shouldered beasts, Ditmas, Only love.
7.5/10
Highlights: Believe, Just smoke, Monster, Snake eyes, Broad-shouldered beasts, Ditmas, Only love.
5.02.2015
Karin Park - Apocalypse pop (2015, State Of The Eye)
Il quinto disco della modella svedese/norvegese conta su linee melodiche vincenti e una produzione solida e ispiratissima. Industrial-pop capace di spingere ("Look what you've done") e rallentare ("Opium"), di sfregiare (Life is just a dream") e di carezzare ("Human beings"). Riserva sempre un posto in prima fila alle emozioni, mantiene una coerenza tutt'altro che scontata e riesce ad essere raffinato e al contempo estremamente accessibile.
8.5/10
Highlights: Tutto.
8.5/10
Highlights: Tutto.
4.30.2015
MG - MG (2015, Mute)
Circola qualche indiscrezione su un possibile album dei Depeche Mode previsto per il 2016, ma sono voci tutte da confermare. Intanto Martin Lee Gore – che non è mai stato un tipo che ama stare con le mani in mano - terminato il Delta Machine Tour ha pensato bene di tenersi occupato con un nuovo lavoro, che diventa il secondo tassello ufficiale della sua discografia solista.
Circa un quarto di secolo fa (1989) Martin aveva inciso 6 cover, raccogliendole nel "Counterfeit e.p."; quattordici anni dopo – mentre Gahan si isolava con il suo "Paper monsters" e Fletcher era rimasto folgorato dalle CLIENT e si stava concentrando sulla produzione del loro debutto - Gore approfondiva l'argomento cover pubblicando l'album "Counterfeit2", per sua stessa ammissione “una raccolta di canzoni che avevano influenzato la sua scrittura con i DM”.
Oggi però il discorso è completamente diverso; l'attitudine del moderno MG prende le distanze dalla forma canzone, ed è direttamente collegabile ai recenti esperimenti in studio con Vince Clarke. Tre anni or sono i due avevano creato un progetto (sinteticamente abbreviato con le iniziali VCMG) che lasciava completamente da parte le voci, sbizzarrendosi con la techno e più in generale con la musica da club; il disco era curato e di qualità, ma per ovvie ragioni – leggi: lo strapotere pop e il valore storico dei Depeche Mode – se lo ricordano in pochi.
MG farà inevitabilmente la stessa fine. Anzi, probabilmente se ne starà buono buono sullo sfondo, trasformandosi immediatamente in un mero feticcio riservato agli accaniti sostenitori di ogni singola nota che proviene dalla mente di Gore e agli appassionati di musica elettronica pura.
Se Ssss (questo il titolo dell'album sfornato da Clarke e Gore nel 2012) poteva trovare terreno fertile perlomeno nelle playlist dei dj (non è un caso che venne “suddiviso” in 3 e.p. e presentato in anteprima esclusiva su Beatport), qui l'affare si fa decisamente più elitario.
Siamo lontani anni luce dall'ottica dancefloor, e i 16 brani aprono a sperimentazioni senza compromessi. Dalle sospensioni nel nulla di "Islet" ai cervellotici arpeggi di "Pinking", dalle ostinate terzine acide di "Brink" alla crudezza di "Crowly", dalle nebulose "Trysting" e "Hum" alle più spensierate (ma comunque ostiche) "Spiral" e "Stealth" traspare la ferma intenzione di non porsi limiti e lasciare via libera all'immaginazione. Così i temi di "Elk" e "Southerly" sembrano la colonna sonora di un film di fantascienza (incantevole la seconda, che pare una composizione orchestrale eseguita da strumenti elettronici), mentre episodi come "Exalt", "Creeper" e "Swanning" concedono pochissimo alla melodia, concentrandosi quasi esclusivamente sul suono.
Fatte le dovute premesse (prima fra tutte il fatto che l'ascolto di questo disco presupponga interesse verso composizioni elettroniche strumentali), il consiglio è quello di lasciarvi trasportare senza fare domande: l'estro e il gusto di Martin Gore non si discutono.
7/10
Highlights: Pink, Elk, Brink, Stealth, Islet, Crowly, Southerly.
7/10
Highlights: Pink, Elk, Brink, Stealth, Islet, Crowly, Southerly.
4.19.2015
The Pretty Reckless - Going to hell (2014, Razor & Tie / Cooking Vynil)
Non sarà facile (anzi, sarà probabilmente impossibile) abbattere i pregiudizi legati a Taylor Momsen e ai suoi trascorsi da "Gossip girl"; ma i Pretty Reckless farebbero bene a fregarsene delle testate più radicali (leggi Pitchfork e compagnia bella). Perché "Going to hell" suona perfino meglio del disco di debutto del 2010, e Taylor sfoggia grande sicurezza e un'energia rara.
8/10
Highlights: Follow me down, Going to hell, Heaven knows, House on a hill, Sweet things, Blame me, Why'd you bring a shotgun to the party, Waiting for a friend.
8/10
Highlights: Follow me down, Going to hell, Heaven knows, House on a hill, Sweet things, Blame me, Why'd you bring a shotgun to the party, Waiting for a friend.
4.13.2015
The Sonics - This is The Sonics (2015, ReVox)
Esattamente 50 anni fa usciva "Here are The Sonics!!!", il primo album in studio della breve e frammentata carriera della band di Washington capace di lasciare un segno indelebile nella storia del rock. Come dice Jack White: "I Sonics erano punk molto prima che il punk esistesse". Oggi ritornano con "This is The Sonics", un album energico e sfrontato composto da 12 schegge rock & roll senza pause che raramente superano i 3 minuti, rivendicando così la paternità di un'attitudine che probabilmente avrebbe fatto più fatica a furoreggiare senza il loro fondamentale contribuito negli anni '60.
8/10
Highlights: I don't need no doctor, Be a woman, You can't judge a book by the cover, Sugaree, Leaving here, I got your number, Spend the night.
8/10
Highlights: I don't need no doctor, Be a woman, You can't judge a book by the cover, Sugaree, Leaving here, I got your number, Spend the night.
4.03.2015
Awolnation - Run (2015, Red Bull Records)
L'esuberanza di Aaron Bruno provoca inevitabilmente un po' di confusione, e questa è l'accusa che viene frequentemente mossa al suo progetto Awolnation. Ma non ci si può dimenticare di un singolo come "Sail", pezzo di un'intensità rara qui rievocato dalla meno incisiva (ma comunque degna di nota) "Jailbreak". "Run" punta molto sulla semplicità delle melodie e sfoggia una libertà stilistica che talvolta finisce per offuscare il reale potenziale delle canzoni. Rimane comunque un disco da segnalare, se non altro per il suo eclettismo non comune.
8/10
Highlights: Run, Hollow moon (bad wolf), Jailbreak, I am, Headrest for my soul, Windows, Woman woman, Lie love live love, Drinking lightning.
8/10
Highlights: Run, Hollow moon (bad wolf), Jailbreak, I am, Headrest for my soul, Windows, Woman woman, Lie love live love, Drinking lightning.
3.30.2015
Dillon Francis - Money sucks, friends rule (2014, Mad Decent / Columbia)
Let's go dumb (che ogni tanto fa bene alla salute).
7.5/10
Highlights: All that, Get low, When we were young, Drunk all the time, What's that spell?, Hurricane.
7.5/10
Highlights: All that, Get low, When we were young, Drunk all the time, What's that spell?, Hurricane.
3.29.2015
Kat Dahlia - My garden (2015, Epic / Vested In Culture)
La ventiquattrenne mezza Cubana e mezza Americana debutta con "My garden"; suoni e stile vocale (vedi Rihanna) si accomodano nel contesto pop contemporaneo, ma la sua grinta nell'interpretazione la differenzia leggermente dalle altre star. Niente di rivoluzionario, ma nello statico panorama attuale basta un dettaglio per catturare l'attenzione.
7.5/10
Highlights: Gangsta, I think I'm in love, Tumbao, Mirror, Lava, Walk on water, Another dude.
7.5/10
Highlights: Gangsta, I think I'm in love, Tumbao, Mirror, Lava, Walk on water, Another dude.
3.26.2015
Hundred Waters - The moon rang like a bell (2014, Owsla)
Arrivano dalla Florida, e questo è il loro secondo album dopo l'esordio del 2012 (esaltato dalla critica, ma purtroppo snobbato dal grande pubblico). Nemmeno questa volta sfonderanno, ma probabilmente non è il vero obiettivo degli Hundred Waters. In fondo la loro musica (un delicatissimo mix di elettronica e acustica) si rivolge a quello spicchio di ascoltatori che ama perdersi in melodie languide accompagnate da arrangiamenti non per forza immediati. Basterebbe un metaforico soffio per spazzare via la leggera patina di sperimentazione che nasconde parzialmente il potenziale pop della band. Ma nella società del "tutto e subito" anche un ascolto in più diventa uno sforzo immane.
8.5/10
Highlights: Tutto.
8.5/10
Highlights: Tutto.
3.20.2015
Noel Gallagher's High Flying Birds - Chasing yesterday (2015, Sour Mash)
L'età agevola la maturazione. Non si tratta di una legge universale; certi personaggi - avvolti nella bambagia protettiva del successo - non ne sentono il bisogno, perché sanno che qualsiasi cosa combineranno verrà accolta con clamore fintanto che riusciranno a ipnotizzare i fan con la magia delle loro note. Oltretutto maturare significa cambiare, e il cambio comporta sempre dei rischi: spesso devi ammettere i tuoi errori, o avere l'umiltà di accettare che in passato non eri sufficientemente aperto mentalmente. E se sei un musicista, ti tocca prestare attenzione anche al delicato concetto di coerenza.
Probabilmente nemmeno Noel avrebbe mai pensato di scrivere un pezzo tendente al jazz, oppure di includere uno strumento come il sassofono in una sua composizione. Ma il suo istinto e la libertà di non dovere più chiedere opinioni a nessuno (filosofia sottolineata dal suo nome in bella vista davanti a quello della sua band) lo hanno condotto a tale scelta. Senza paura, ma con qualche compromesso: a fare da contraltare ai livelli di profondità mai raggiunti prima toccati con l'immensa "Riverman" ci pensano ballad più confortevoli come la toccante "The girl with the x-ray eyes". A bilanciare un esperimento riuscito come "The right stuff" ci sono i primi singoli, vere e proprie estensioni dell'Oasis-pensiero in tempi in cui gli Oasis non esistono più.
E non è un caso che non esista più nemmeno il Noel che ironizzava sulla voglia di sperimentare di Damon Albarn ai tempi dei primi vagiti dei Gorillaz; oggi i due sono amici, ma chissà cosa sarebbe successo se "In the heat of the moment" (con quel “na na na” che ammicca a "Charmless man" dei statisticamente eterni secondi Blur) fosse uscito 20 anni fa.
Il passato che ritorna, cerchi che si chiudono. La gigantesca telenovela del Britpop che sopravvive, relegando Liam al ruolo di semplice spettatore. Forse per continuare a recitare il ruolo di protagonista nel grande show bisogna fare come Noel: trovare il coraggio di diventare grandi.
8/10
Highlights: Riverman, In the heat of the moment, The girl with the x-ray eyes, The dying of the light, While the song remains the same, You know we can't go back, Ballad of the mighty I.
3.16.2015
Purity Ring - Another eternity (2015, 4AD)
Il pop ha sempre preso in prestito dall'underground - questo è un fatto. Non è un caso quindi che il pop moderno sfoggi di continuo marcate influenze dubstep, che nel caso di Purity Ring sono riconoscibili nella scelta dei suoni e nelle ritmiche "dimezzate" più che nell'utilizzo dell'LFO (qui praticamente assente). La potenza sonora e il valore melodico di "Another eternity" sono inconfutabili: un disco da ascoltare assolutamente.
8.5/10
8.5/10
Highlights: Heartsight, Bodyache, Push pull, Repetition, Begin again, Flood on the floor, Sea castle.
3.15.2015
Jessie Ware - Tough love (2014, Pmr / Island)
Jessie Ware tiene fede ai propositi espressi nello splendido album di debutto di due anni fa, scrivendo splendide canzoni pop (con una vena soul) che a livello sonico prendono le distanze dal mainstream: è il triste motivo che limiterà i passaggi radiofonici di "Tough love" in una nazione ferma e in costante ritardo come la nostra.
8/10
8/10
Highlights: You and I (forever), Cruel, Say you love me, Sweetest song, Pieces, Keep on lying, Desire.
3.12.2015
Jack Ü - Jack Ü (2015, Owsla / Mad Decent)
Cosa aspettarsi dal progetto di Diplo e Skrillex? Sirene, voci pitchate, beat "spezzati a metà", clap in battere, hi hat impazziti, drop e break improvvisi. E quel suono che in termini di volume percepito vince istantaneamente. Niente di imprevedibile quindi. Anzi, un po' pochino.
6/10
6/10
Highlights: Beats knockin', Take u there, Febreze, Holla out.
3.10.2015
Crookers - Sixteen chapel (2015, Ciao Recs)
Roba solida e divertente, che rimbalza bene.
7.5/10
7.5/10
Highlights: Able to maximize, Heavy, Belly button tickler, Dangerous, 128 bpm, Strokin', Get excited.
3.08.2015
Imagine Dragons - Smoke + mirrors (2015, Kidinakorner / Interscope)
La seconda release ufficiale della band di Las Vegas affina gusto e personalità: nella scena pop-rock attuale svettano con merito.
7.5/10
7.5/10
Highlights: Gold, Smoke and mirrors, I bet my life, Polaroid, Friction, Dream, Trouble, Hopeless opus.
2.23.2015
Charli Xcx - Sucker (2014, Asylum / Atlantic)
Servirà uno sforzo per ascoltare "Sucker": sarà necessario tapparsi il naso e dimenticare il featuring con Icona Pop. Se tale sforzo per qualcuno dovesse sembrare esagerato si può cercare uno stimolo ascoltando "Kingdom", brano tratto dalla colonna sonora di Hunger Games e cantato insieme a Simon Le Bon. Allora si scoprirà che qui Charli quando si diverte lo fa in maniera più educata rispetto alla già citata "I love it" ("Sucker" e "Break the rules"), e talvolta diventa perfino credibile con l'atteggiamento mezzo-punk/new wave che sfoggia in pezzi come "London queen" e "Breaking up". Si scoprirà che l'eleganza di "Boom clap" (qualità pura se messa a confronto con molte delle hit che popolano le chart) viene replicata con successo in brani come "Die tonight" e "Caught in the middle". Si capirà che Charli Xcx sta ancora cercando una sua direzione precisa, ma nel frattempo si diverte a sperimentare con l'energia di una ragazzina che ha assimilato lezioni importanti dal passato. Se non si lascerà accecare dal successo ne sentiremo delle belle.
7.5/10
7.5/10
Highlights: London queen, Breaking up, Boom clap, Doing it, Hanging around, Die tonight, Caught in the middle.
2.16.2015
Fall Out Boy - American beauty / American psycho (2015, Island)
Il pop-punk perfettino e ultra-citazionista dei Fall Out Boy si piega sempre di più alle esigenze di radio e arene, perdendo per strada un bel po' di genuinità ma guadagnando in efficacia.
7/10
7/10
Highlights: Centuries, Uma Thurman, Jet pack blues, Novocaine, Fourth of July.
2.15.2015
Dawn Richard - Blackheart (2015, Our Dawn Entertainment)
Il secondo tassello della Heart-trilogia pianificata dalla ex Danity Kane è un inno all'estro; ogni barriera stilistica viene abbattuta, e il disco funziona realmente soltanto se ascoltato per intero, dall'inizio alla fine. Post-pop?
8/10
8/10
Highlights: Tutto.
2.14.2015
Tricky - Adrian Thaws (2014, !K7)
L'istituzione della False Idles (sotto-etichetta della !K7) ha dato una bella spinta all'ispirazione di Tricky, che a poco più di un anno dall'ottimo album inaugurale pubblica un disco intitolato con il suo nome di battesimo. I presupposti per pensare a una mera raccolta di outtakes provenienti dalla sessione precedente c'erano tutti: e invece "Adrian Thaws" merita.
7.5/10
7.5/10
Highlights: Sun down, Lonnie listen, Something in the way, Keep me in your shake, Nicotine love, Gangster chronicle, Right here.
2.11.2015
Heartsrevolution - Ride or die (2014, Kitsuné)
Electro-pop-rock bambinesco e ben prodotto; a piccole dosi diverte, mentre a lungo andare stanca.
7/10
7/10
Highlights: Ride or die, Kishi kaisei, Kiss, Vertigo, Brillanteen, Gen wh(y), Final destination.
2.10.2015
Tv On The Radio - Seeds (2014, Harvest)
La rottura con Interscope e il ritorno all'indipendenza giovano all'ispirazione della band di Brooklyn, che registra il quinto album in tutta tranquillità in quel di Los Angeles. La dedica obbligatoria è per il compianto Gerard Smith, naturalmente.
8.5/10
8.5/10
Highlights: Quartz, Careful you, Test pilot, Love stained, Ride, Right now, Winter, Lazerray.
2.08.2015
Until The Ribbon Breaks - A lesson unlearnt (2015, Kobalt)
Il debutto di Until The Ribbon Breaks unisce melodie di spessore e un certo spirito post-rave (reso palese soprattutto dai campionamenti che suonano esplicitamente anni 90). Un disco modernissimo e davvero notevole.
8/10
8/10
Highlights: Orca, Romeo, Perspective, Persia, Pressure, Until the ribbon breaks.
2.06.2015
The Kooks - Listen (2014, Virgin)
La proverbiale (e spesso prevedibile) spensieratezza pop dei Kooks - Versione 4.0.
7/10
7/10
Highlights: Around town, Forgive & forget, See me now, Are we electric.
1.31.2015
Douglas Dare - Whelm (2014, Erased Tapes Records)
Il debutto di Douglas Dare mantiene le promesse fatte con i due e.p. usciti qualche mese prima su Erased Tapes ("Seven hours" e "Caroline"). La sua musica è una triste poesia profonda e sentita; le radici classiche e l'attitudine in bilico tra un James Blake meno elettronico e un Thom Yorke semplificato danno vita a un disco da ricordare.
8/10
8/10
Highlights: Clockwork, Nile, Repeat, Caroline, Whitewash, Swim, London's rose.
1.27.2015
Fink - Hard believer (2014, R'coup'd)
"Hard believer" è il quinto album della seconda vita di Fink, quella senza campionatori e con una chitarra in braccio. Ti entra dentro lentamente, tra blues e folk, echi dub e progressioni post-rock. 10 ballad di spessore - frutto di una scrittura non troppo difficile ma mai scontata - che si appoggiano su strutture meravigliosamente calibrate.
8/10
8/10
Highlights: Green and the blue, Pilgrim, Two days later, Shakespeare, Looking too closely, Too late.
1.22.2015
Melody Fall - The shape of pop punk to come (2014, Pan Music Production)
I torinesi Melody Fall perdono per strada il batterista Marco Ferro (uno dei tre fondatori della band), ma trovano un Andrea Bessone pronto a picchiare sui tamburi come se non ci fosse un domani. Il nuovo "Yours, sincerely" sfoggia una produzione di altissimo livello accompagnata da una scrittura pop molto convincente; i Paramore italiani?
7.5/10
7.5/10
Highlights: Yours sincerely, Easy without you, Lover spy, Laura, Infection, Running, Ocean door.
1.18.2015
Clark - Clark (2014, Warp)
Chris Clark è capace di farti sussultare. Per sua stessa ammissione, invece di comporre seguendo il copione (o abusando del copy & paste moderno), cerca l'errore. Smanetta sulle macchine fino a quando non esce un suono che molto semplicemente non avrebbe motivo di uscire. Insegue la perfetta imperfezione, e parte da lì. Ma a differenza di chi fa dell'astratto uno stile di vita - rifiutandosi perfino di scendere a compromessi con le regole della musica - lui mantiene sempre un'intenzione melodica. Tra arpeggi, rumori, loop e riverberi, il settimo disco conferma tutto il suo valore.
8/10
8/10
Highlights: Winter linn, Sodium trimmers, Banjo, Snowbird, Beacon, Silvered iris, Everlane.
1.16.2015
David Guetta - Listen (2014, What A Music / Parlophone)
Tra brani di scontata derivazione EDM, scopiazzate colossali (il riff western di "Lovers on the sun" che ricalca una hit di Avicii o la melodia di "Yesterday" che ruba una strofa a Lana Del Rey) e scelte terrificanti (gli arrangiamenti rovinosi dei pezzi insieme a Sia e John Legend) si salvano il singolo "Dangerous", "What I did for love" (dio benedica Emeli Sandé) e un altro paio di tracce presentabili.
5/10
5/10
Highlights: Dangerous, What I did for love, No money no love, I'll keep loving you.
1.15.2015
Cold War Kids - Hold my home (2014, Downtown)
Il primo disco dei Cold War Kids (2006) aveva in qualche modo catturato l'attenzione nella scena indie rock. I tre successivi erano invece finiti presto nel dimenticatoio. Il recente "Dear Miss Lonelyhearts" (2013) aveva fatto ben sperare; mancava ancora qualcosa, ma c'era l'energia giusta. Speranze per ora mal riposte: "Hold my home" bada più alle presentazioni (la produzione) che al contenuto (le canzoni).
6.5/10
6.5/10
Highlights: First, Hotel anywhere, Go quietly, Harold bloom, Hear my baby call.
1.14.2015
Interpol - El Pintor (2014, Matador)
Il quinto disco dei Newyorkesi Interpol mischia le lettere della ragione sociale della band nel titolo e senza dubbio rimedia allo scivolone dell'album precedente. Sfortunatamente però, rafforza anche la convinzione che l'esordio "Turn on the bright lights" rimarrà un episodio irraggiungibile - forse anche per ragioni strettamente legate ai tempi che cambiano.
6.5/10
6.5/10
Highlights: All the rage back home, Anywhere, My blue supreme, Tidal wave.
1.13.2015
The Dø - Shake shook shaken (2014, Cinq 7)
Indie-pop francese ben prodotto e con diversi spunti convincenti.
7.5/10
7.5/10
Highlights: Trustful hands, Sparks, Despair hangover & ecstasy, Anita no!, A mess like this, Lick my wounds, Opposite ways.
1.09.2015
Craig Armstrong - It's nearly tomorrow (2014, Bmg Chrysalis)
"It's nearly tomorrow" può essere considerato il ritorno di Craig Armstrong al concetto di vero e proprio album solista; con questo disco riprende il discorso lasciato in sospeso sulla Melankolic degli amici Massive Attack con "The space between us" e "As if to nothing". A fine anni '90 il suo nome veniva in parte legato alla moda del "chill-out"; e anche se ora le varie compilation tipo Buddha Bar e affini non esistono più, Armstrong dimostra tutto il suo disinteresse nei confronti dei trend con un album che è semplicemente bellissimo. E che sottolinea ancora una volta l'intuito pop di uno dei più dotati musicisti classici contemporanei.
8/10
8/10
Highlights: Dust, Strange kind of love, Désolé, Crash, Powder, Lontano, All around love, Tender, It's not alright, The sun goes down in L.A..
1.07.2015
2:54 - The other I (2014, Bella Union)
La più che degna continuazione dell'interessante esordio del 2012: il suono dei 2:54 si posiziona al confine tra shoegaze e indie rock con grande naturalezza.
7.5/10
7.5/10
Highlights: Orion, Blindfold, Sleepwalker, Crest, Pyro, South, Raptor.
1.05.2015
Oh Land - Earth sick (2014, Tusk Or Tooth)
La danese Nanna Øland Fabricius non ha ambizioni rivoluzionarie o ultra -sperimentali, ma la sua idea di pop ha ben poco da spartire con le regole seguite dalle regine delle chart di questi tempi. Melodie accessibili vanno a braccetto con arrangiamenti eclettici, che spaziano da ritmi tutto sommato semplici ("Head up high") a sospensioni azzardate (la title track), da interessanti colpi di testa che catturano l'attenzione (gli inserti finali di "Favor friends") a frequenti contaminazioni classiche ben dosate.
8/10
8/10
Highlights: Machine, Favor friends, Earth sick, Nothing is over, Doubt my legs, Trailblazer.
1.02.2015
Foo Fighters - Sonic highways (2014, Roswell Records / Rca)
Inutile stare lì a discutere tanto sul fatto che la band di Dave Grohl venga da molti considerata il gruppo rock per eccellenza di questa epoca. Ogni volta che sforna un disco ci si aspetta l'inevitabile flessione - che prima o poi (com'è normale e giusto che sia) arriverà. Per ora i Foo Fighters continuano a incidere album di uno spessore tale da schiacciare la maggior parte della concorrenza. "Sonic highways" è un concept maestoso: un'opera matura e convincente, ottimamente suonata e prodotta ad arte. Un fiume in piena, che anche al centesimo ascolto non stanca.
9/10
9/10
Highlights: Tutto.
1.01.2015
Electric Youth - Innerworld (2014, Secretly Canadian)
Il duo di Toronto composto da Austin Garrick (ragazzo dalla mente analogica) e Bronwyn Griffin (vocalist delicata) esordisce con un convincente disco che rende omaggio al synthpop degli anni 80.
7/10
7/10
Highlights: Runaway, Wearetheyouth, Without you, If all she has is you, The best thing.
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