"Wonky" è un disco che in teoria non dovrebbe esistere, visto che i fratelli Phil e Paul Hartnoll avevano deciso di porre fine allo storico progetto Orbital nel 2004. E' anche un disco che probabilmente faticherà ad entrare nelle grazie dei fan di vecchia data, in quanto si pone a metà strada tra il suono degli anni 90 e alcune intenzioni molto più moderne. L'inizio non è di quelli promettenti: nonostante titoli altisonanti come "One big moment" e "Straight sun", le prime tracce suonano inoffensive. Dalla malinconica "New France" in poi si comincia a ragionare (ottime le divagazioni dubstep e drum & bass di "Beelzedub", strappa-lacrime la nostalgia di "Stringy acid", solida la vena dance della title-track), anche se "Wonky" non verrà certo ricordato come un momento fondamentale nella discografia del duo inglese.
7/10
Highlights: New France,Stringy acid, Beelzedub, Wonky.
Trainati dalla hit "Pompeii" e sbandierati come la nuova promessa made in Uk, i Bastille confezionano un disco ovvio: melodie a presa rapida, cori ovunque, arrangiamenti semplici ed efficaci e riferimenti ultra-standard (tipo Coldplay e Killers). Nella sua prevedibilità il frullato funziona, ma quello che manca qui è un'identità precisa.
6/10
Highlights: Pompeii, Bad blood, Flaws, Daniel in the den, Laura Palmer.
In quasi vent'anni di musica (e con 8 album all'attivo), le riflessioni che scaturiscono dall'ennesimo disco piacevole (ma non indispensabile) dei Jimmy Eat World sono sempre le stesse: 1) Nel panorama indie-rock spiccano per intuizione pop. 2) Il grande salto definitivo non lo faranno mai.
7.5/10
Highlights: Appreciation, Damage, Lean, I will steal you back, Please say no.
Può il dubstep essere mainstream? I due termini fino a qualche tempo fa sembravano in contraddizione; poi però è spuntato Sonny Moore (meglio conosciuto come Skrillex) e tutto è cambiato. E' cambiato talmente tanto che non faceva più così figo esplicitare il proprio amore per la musica dubstep - perchè la maggioranza dei tuoi interlocutori (il mainstream, appunto) avrebbe associato tale genere con la musica di Skrillex. Tenete presente che qui nessuno vuole male a Sonny; lui fa il suo, e - se si riesce ad entrare nella prospettiva - non si può che ammettere che lo faccia bene. Ma quello che importa - qui ed ora - è che si possono creare drop rumorosi senza diventare sfacciati, si può cercare di essere epici senza risultare tamarri, si può abusare delle potenzialità delle macchine senza fare storcere il naso ai puristi. In poche parole, si può plasmare musica dubstep - non per forza cupa e introversa - ed essere considerati dei musicisti (o produttori) di tutto rispetto. E tutto questo è ampiamente dimostrato da Starkey in "Orbits".
8/10
Highlights: Command, G V Star (Part 2), Thugs, Lzr, Dystopia, Crashing sphere, Magnet.
Sembrava che con "It's blitz!" gli Yeah Yeah Yeahs avessero intrapreso un nuovo percorso. Un percorso che prevedeva album composti da una decina di pezzi tutti memorabili, magari non ai livelli di "Maps" (oggi si può dire: quella canzone è un capolavoro), ma comunque degni dei picchi di intensità emotiva che i ragazzi di New York riescono talvolta a raggiungere. In apertura il mezzo gospel di "Sacrilege" e le sospensioni di "Subway" (con la ritmica affidata al rumore ripetitivo delle rotaie di un treno) purtroppo ingannano; con il passare delle tracce la band sembra ricercare disperatamente una scintilla d'ispirazione, e reagisce con arrangiamenti confusi ("Mosquito", "Area 52") o poco incisivi ("Under the earth", "Slave"). Il minimalismo rimane la soluzione migliore quando le melodie cantate da Karen O fanno centro (vedi "These paths" e "Wedding song"); non sorprende dunque che la versione acustica di "Despair" sia una piccola gemma.
6.5/10
Highlights: Sacrilege, Subway, These paths, Despair, Wedding song.