L'ennesima poetica deviazione dell'Albarn-pensiero in musica; per l'occasione ci sono anche Tony Allen (Africa 70), Paul Simonon (Clash) e Simon Tong (The Verve), mentre la regia è affidata a Danger Mouse.
7.5/10
Highlights: History song, 80's life, Kingdom of doom, The bunting song, A soldier's tale, Green fields, The good the bad & the queen.
Epica Detroit jazzy-house extralusso firmata Underground Resistance.
"Just point yourself in the direction of your dreams / Find your strenght in the sound / And make your transition".
7.5/10
Highlights: Transition, The theory (Mind Mix), Return of the dragons, Sometimes I feel like, 303 sunset, Jupiter jazz, Amazon, Windchine, First galactic baptist church.
Si sono presi il loro tempo, Tom Findlay e Andy Cato; quattro anni precisamente, quelli che separano il nuovo "Soundboy rock" dal precedente "Lovebox". Se c'è una peculiarità che da sempre contraddistingue il duo inglese è quella di fare musica d'impatto ma non tamarra, nè troppo di nicchia tantomeno spudoratamente pop, non solo per addetti ai lavori ma neanche lontanamente cheesy; il risultato è che i pezzi dei Groove Armada sono universali, si accomodano senza problemi sia in set eclettici che in mezzo a selezioni più orecchiabili, e la loro stessa essenza li porta a conquistare una caratteristica di questi tempi molto rara, ovvero la longevità. Non si smentiscono neanche oggi, quando il mondo della dance sembra orientato verso minimalismi e oscurità, quando riuscire a comporre un pezzo con la voce senza poi essere bollati come "facili" è impresa quasi impossibile, quando trovare la famigerata "via di mezzo" è diventato più arduo che mai. Eccola qui, la via di mezzo: l'irridente semplicità house di "Love sweet sound", i richiami old-school di "Lightsonic", il synth-pop-rock-party-time di "Song 4 mutya (out of control)", il perfetto superstyle di "Get down", l'hip-hop ultracompresso di "The girls say", gli spazi dub della title track, il ritmo nervoso e spezzato di "Drop that thing". E chi ha nostalgia dei Groove Armada di "At the river" ascolti quella perla soul di "Paris", si perda nei riverberi della dolcissima "From the rooftops" o si faccia coccolare dalla poesia di "What's your version?".
9/10
Highlights: Tutto.
I quattro di Londra capitanati da Kele Okereke tornano due anni dopo il botto di "Silent alarm" con un concept prodotto ad arte, che con la leggerezza di chi sta tributando e non rubando prende in prestito melodie e armonizzazioni tipicamente new wave rielaborandole in un contesto rock ancora più elevato culturalmente.
8.5/10
Highlights: Tutto.
Disco-dub psichedelica (con qualche digressione downtempo) e lussureggiante nella sua eleganza: qualcosa come un Cerrone in acido intrappolato in un videogame.
7.5/10
Highlights: Suppegjok, Boney M down, Turkish delight, Don O Van Budd, Run.
Grazioso funky-pop (si potrebbe quasi azzardare un acid jazz a patto che nessuno storca il naso) a tratti molto soulful e con la giusta dose di elettronica.
7.5/10
Highlights: Lady T, Can't get down, A night on earth, Turnaway, Life is my friend, Kicks, Sun-science.
L'inquieta e dolente voce di Beth in un album che sa tanto di 'buona la prima'; e non sono tanti gli artisti di oggi che riescono ad azzeccare una prima di questo calibro.
8/10
Highlights: Rectify, Comfort of strangers, Absinthe, Safe in your arms, Shopping trolley, Feral, Heart of soul, Pieces of sky.
Tutto ciò che tocca Erlend Oye finisce per diventare prezioso come l'oro; "Dreams" è morbido e delicato proprio come la sua voce.
8/10
Highlights: Burning, Done with you, Don't give up, Figures, Borders, All ears.
Spirituale e angoscioso; un ritorno nei bassifondi che con il (pur ottimo) rock del precedente "The great destroyer" ha poco da spartire. Il tono del disco lo si intuisce fin dall'introduttiva sepolcrale "Pretty people"; poi in successione arrivano il falsetto trascinato di "Belarus", la sospensione di un brano come "Dragonfly" portata all'estremo con "Always fade" e una trilogia emotiva composta da "Take your time", "In silence" e "Murderer" che sfocia nel capolavoro "Violent past".
8/10
Highlights: Pretty people, Belarus, Dragonfly, Always fade, Take your time, In silence, Murderer, Violent past.
La lussuria tech alienante dei sogni cupi e liquidi che abitano gli angoli più remoti del subconscio di King Britt; ed è Detroit.
8/10
Highlights: Dream 2, Dream 3, Dream 4, Dream 8, Dream 10, Dream 14.
Dopo essere diventati una delle band più rappresentative della scena punk-funk Newyorkese (grazie al tocco magico di James Murphy e Tim Goldsworthy in occasione dell'album "Gotham!" del 2002) e dopo avere solo parzialmente mantenuto le promesse con il successivo "Stealing of a nation", i Radio 4 affidano la produzione del loro quarto disco ad un genio come Jagz Kooner; tre quarti d'ora di linee di basso saltellanti che insieme a batterie esplosive formano un impianto ritmico robusto, a sostegno di taglienti riff di chitarra e melodie essenziali ma ad effetto. Energia e qualità in un ritorno col botto.
8.5/10
Highlights: Tutto.
All'alba del quinto disco i californiani Ataris tirano fuori un po' di personalità, requisito fondamentale per emergere quando si frequentano territori punk-pop-melodici. "Welcome the night" rappresenta una fase importante del loro processo di maturazione: gli Ataris non sono più una teenage band, e lo si capisce sia dal macroscopico cambio di direzione dei testi (non c'è più traccia di squadre di football e ormoni impazziti) sia dal consistente spessore musicale di alcuni brani ("And we all become like smoke" su tutti).
7.5/10
Highlights: Not capable of love, Secret handshakes, The cheyenne line, And we all become like smoke, Far from the last call, Soundtrack for this rainy morning, Act V scene IV: and so it ends like it begins.
Stefano ghittoni e Cesare Malfatti che tornano alle radici: "Ink" si colloca idealmente a metà strada fra l'ambient soul del disco precedente e il piglio leftfield dei primi album.
8/10
Highlights: Free to grow, Ceremony, Thank you?, Ink, On the beach, Hear us now.
Opera prima di un quartetto inglese influenzato dalla new wave che suona del rock semplice esteticamente ma profondo nei contenuti.
8/10
Highlights: Tutto.
Rispetto all'esordio suona più scontato e forse alcuni brani vengono trascinati un po' troppo a lungo.
7/10
Highlights: You never had, Take a chance, Boy, Undecided, Take me or leave me, Goodnight.
Due fratelli e due sorelle che suonano musica pop-rock allo zucchero con una forte connotazione sixties: quella bellezza leggera e innocente che rapisce ascolto dopo ascolto.
8.5/10
Highlights: Tutto.
Nearly perfect.
8.5/10
Highlights: Tutto.