All'alba del secondo album i Disclosure sembrano già dei veterani della scena. Veterani al punto che capita di imbattersi in pareri discordanti da parte di chi ascolta: da una parte c'è chi crede che continuino a rappresentare al meglio l'incursione pseudo-garage nel pop, dall'altra c'è chi sostiene che l'eccessiva esposizione mediatica abbia annacquato il loro stile, snaturando quello che inizialmente pareva un genuino house-revival pensato da menti fresche (anzi, freschissime) e che ora puzza già di marcio. Una cosa è certa: quando ascolti un pezzo dei Disclosure lo riconosci dal primissimo istante. E questo non è un particolare trascurabile.
Il suono che i fratelli Lawrence ricercano è identificabile e a suo modo inconfondibile. Con tutta la musica dance che ci piove addosso nel 2015 capita raramente di trovarsi nella posizione di ascoltare un frammento di un brano e poterlo ricondurre con un discreto margine di sicurezza a un artista specifico. Il fatto che certe soluzioni diventino alla lunga familiari (se non prevedibili) non può dunque essere una giustificazione sufficiente per considerarli dei "bolliti". E non importa che questa società viaggi (inevitabilmente) alla velocità di crociera dettata dalla fibra ottica: un prodotto ben fatto riesce sempre a sfuggire alle categorie e al tempo.
"Caracal" non suona affatto diverso dal precedente "Settle". Rallenta più spesso i bpm, si sbarazza dei campioni e si concentra maggiormente sulla forma canzone ("E' troppo pop!" dicono le malelingue, "E' segno di maturazione" rispondono i sostenitori). Ospita voci che attualmente frequentano le prime posizioni delle classifiche (The Weekend, Sam Smith, Lorde) e nomi ancora poco noti al grande pubblico (Kwabs, Lion Babe, Jordan Rakei), senza vanità o vergogna, ma cercando semplicemente di cucire il giusto vestito intorno alle peculiarità di ogni singolo featuring. Suona moderno, ma mantiene un assoluto rispetto nei confronti del credo house (un equilibrio non proprio semplice da raggiungere).
Forse in un mondo idealmente privo di "hype" i Disclosure non sarebbero arrivati lassù; ma perlomeno non si proverebbe a mettere in discussione il valore di un disco come "Caracal".
8.5/10
Highlights: Tutto.
9.26.2015
9.23.2015
Sofie Letitre - Uncanny valley e.p. (2015, Division)
Sbirciando la biografia ufficiale dell'olandese Sofie Letitre mi sono imbattuto in una definizione che meglio non potrebbe sintetizzare la sua musica: Dark Pop. Colto dal lancinante senso di colpa per non avere mai preso in considerazione un termine tanto semplice quanto efficace (soprattutto alla luce della miriade di producer/cantanti/produttori che in tempi recenti hanno esplorato tale lato del pop), mi sono affidato allo strapotere di Google, digitando le due fatidiche paroline seguite da "wiki". Non ho ottenuto risultati: il che significa che la bibbia odierna (leggi wikipedia) non sfoggia ancora una voce corrispondente (ed è bene considerare che tra le infinite diramazioni di generi musicali esplicitate dall'Enciclopedia Online si trovano cose tipo Depressive Black Metal).
Soprassedendo sulla (in)utilità della categorizzazione-a-tutti-i-costi (malattia piuttosto diffusa tra giornalisti, dj e feticisti musicali in genere), bisogna ammettere che in questo singolo caso l'accostamento di quelle due parole fa il suo dovere. Le architetture sonore firmate Thijs De Vlieger (un terzo dei Noisia) sono (a dir poco sorprendentemente) minimali, e creano il giusto spazio per l'evocativa voce di Sofie che intona melodie di chiara derivazione Bristol anni 90 (o - pronunciando una parola caduta ormai in disuso - Trip-Hop).
Il risultato è un e.p. assolutamente moderno che suona già come un classico. 6 pezzi che colpiscono fin dallo sbrigativo preview, per poi rivelare tutta la loro sostanza in fase di ascolto completo.
8.5/10
Highlights: Tutto.
Soprassedendo sulla (in)utilità della categorizzazione-a-tutti-i-costi (malattia piuttosto diffusa tra giornalisti, dj e feticisti musicali in genere), bisogna ammettere che in questo singolo caso l'accostamento di quelle due parole fa il suo dovere. Le architetture sonore firmate Thijs De Vlieger (un terzo dei Noisia) sono (a dir poco sorprendentemente) minimali, e creano il giusto spazio per l'evocativa voce di Sofie che intona melodie di chiara derivazione Bristol anni 90 (o - pronunciando una parola caduta ormai in disuso - Trip-Hop).
Il risultato è un e.p. assolutamente moderno che suona già come un classico. 6 pezzi che colpiscono fin dallo sbrigativo preview, per poi rivelare tutta la loro sostanza in fase di ascolto completo.
8.5/10
Highlights: Tutto.
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