Con tutte le aspettative che i fan degli Stereophonics si erano creati sul finire degli anni 90, le ultime due rumorose cadute ("Pull the pin" e "Keep calm and carry on") avevano causato un bel po' di confusione. Poteva la band autrice di perle come "Mr Writer" e "The bartender and the thief" raggiungere picchi di tale bassezza? Dove era finita l'ispirazione? Ed è stato forse un caso che la spirale discendente (già in atto dal quarto disco) avesse clamorosamente aumentato la velocità di caduta libera dall'album solista di Kelly Jones (il notevole "Only the names have been changed") in poi? Da parte mia confesso che li attendevo al varco. Volevo toccare con mano il risultato di quattro anni di lavoro, per capire se fossero in qualche modo recuperabili; ma - è giusto essere onesti - con scarso ottimismo. E invece, gli Stereophonics sono ancora tra noi. Anche se "Graffiti on the train" non è un disco memorabile, i segnali di ripresa sono percettibili: la title-track conta su un'apprezzabile progressione armonica e un efficace arrangiamento di archi, una significativa percentuale di lenti (da sempre fiore all'occhiello dei Gallesi) è intensa al punto giusto, pezzi come "In a moment" e "Been caught cheating" rassicurano, mentre "Roll the dice" osa un pochetto. Ci sono poi brani che si dimenticano molto in fretta ("We share the same sun" e "Catacomb", per esempio), ma considerando il punto (morto) di partenza l'ottavo album di Kelly Jones e soci merita un'ampia, incoraggiante sufficienza.
7/10
Highlights: Graffiti on the train, Indian summer, Take me, Roll the dice, Been caught cheating, In a moment.
Nessun commento:
Posta un commento