Richard Melville Hall si sveglia ogni mattina - sobrio, pacifista e vegetariano come sempre - e dopo il caffè entra in studio e compone. Prende spunto da qualche lick vocale blues o folk, da una melodia semplice semplice suonata al piano, dagli aeroporti musicati da Eno o da un film di David Lynch. Intorno costruisce strati di archi e pad malinconici - fin dai tempi dei rave la sua passione principale e irrinunciabile - accompagnandoli con beat scarni e il più delle volte lenti. Ogni tanto invece di fare cantare un'amica ci mette la sua voce (non disdegnando il caro vecchio vocoder), in altri momenti si fa risucchiare dall'amore per il punk e la new-wave e inserisce una chitarra (meglio quando timida). La formula - all'alba del 2011 e dopo album come "18", "Hotel" e "Wait for me" - è qualcosa di assolutamente prevedibile, scontato e per molti piuttosto noioso. Ma non si può certo accusare Moby di non azzeccare le melodie: quelle ci sono sempre state e ci saranno sempre. Lo stile è datato, ok. Ma in tempi in cui l'atto di acquistare un cd ha assunto le proporzioni di un evento biblico, chi comprerà "Destroyed" troverà esattamente quello che stava cercando - niente di più, niente di meno.
7/10
Highlights: The broken places, The low hum, Rockets, The day, Lie down in darkness, The right thing, Stella maris.