Diciamo la verità: da quando Darren Emerson ha preso la decisione di andarsene gli Underworld hanno perso molto in brillantezza. La conferma è stata quel "A hundred days off" del 2002, seguito da una pausa in bilico fra meditazione e ricerca di un nuovo punto di partenza, concretizzatasi nella creazione di una label dedita a release digitali e stampe a tiratura limitata. E proprio per l'esistenza di questi presupposti "Oblivion with bells" non è semplicemente una bella sorpresa, ma molto di più. La maestosità del primo singolo "Crocodile" è il giusto compromesso fra nostalgia post-sbornia rave e techno 2007, e introduce a modo il pezzo più bello dell'album, "Beautiful burnout", una sinfonia elettronica di rara bellezza ed epicità. La base di "Hold the moth" è qualcosa di molto vicino a Larry Heard e Adonis, ma sopra c'è una poesia rappata e interpretata con stile; dopo tre bombe di questo calibro il momento ambient di "To heal" è più che giustificato e calza che è una meraviglia. Si riprende con il rap poco ispirato di "Ring road", unico vero neo del disco, che lascia presto spazio alle atmosfere da sogno di "Glam bucket" e soprattutto al rock (si: rock.) di "Boy, boy, boy". C'è ancora tempo per godersi la claustrofobica "Faxed invitation" e gli echi di Thom Yorke in "Good morning Cockerel" prima dell'ottimo finale "Best Mamgu ever"; ci voleva.
8/10
Highlights: Crocodile, Beautiful burnout, Hold the moth, Boy boy boy, Faxed invitation, Good morning Cockerel, Best Mamgu ever.
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