2.15.2014

St. Vincent - St. Vincent (2014, Loma Vista / Republic)

Un anno prima della collaborazione con David Byrne, il terzo disco di St. Vincent ("Strange mercy") aveva sorpreso tutti raggiungendo la diciannovesima posizione della Billboard Usa; il commento di Annie Clark a riguardo fu qualcosa tipo “Penso di potere fare meglio, ma comunque è un buon disco”. Ora, nel meraviglioso mondo della musica certe frasi te le puoi permettere (senza passare per sbruffone) soltanto se possiedi almeno un paio di argomenti, identificabili nell’essere un buon musicista e nel sapere trovare il giusto compromesso per comunicare la tua bravura a un pubblico medio-vasto. Tali necessarie condizioni calzano alla perfezione la multi-strumentalista originaria dell’Oklahoma, che da quando si è lasciata alle spalle i Polyphonic Spree propone una sua personalissima declinazione di musica pop; la ricetta consiste nel minuzioso dosaggio di svariate influenze stilistiche a supporto di melodie a presa rapida, nel tentativo (sistematicamente riuscito) di nascondere azzardi e tecnicismi dietro un’apparente semplicità. Con il quarto album St. Vincent saluta il mondo indie e si avventura in territori major, ma pensare a un “tradimento artistico” pare fuori luogo: Annie continua a fare quello che vuole fregandosene bellamente dei supposti limiti (ma esistono ancora?) che un’etichetta più in vista potrebbe imporre. In 40 minuti c’è spazio per grovigli di synth e chitarra funky ("Rattlesnake"), splendida strafottenza punk ("Birth in reverse", che si apre così: “Che giorno ordinario / Porta fuori i rifiuti, masturbati”), soave liricità ("Prince Johnny" e "I prefer your love"), fiati che marciano ("Digital witness"), distorsioni deliranti ("Bring me your loves") e progressioni armoniche di spessore ("Huey Newton" e "Severed crossed fingers"). L’ennesima dimostrazione di come “ricercato” non debba per forza litigare con “digeribile”.

8/10

Highlights: Birth in reverse, Prince Johnny, Huey Newton, I prefer your love, Regret, Bring me your loves, Severed crossed fingers.

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