Anna Calvi - One breath (2013, Domino)
Se cominciano ad accostare il tuo nome a quello di P.J. Harvey è possibile che subentri un pizzico d’ansia da prestazione, specialmente quando giunge il momento della delicata “prova del secondo disco” - test che spesso si è rivelato fatale per molti artisti. Ma a quanto pare Anna Calvi ha mantenuto la calma, oppure non ha riflettuto abbastanza sull’illustre paragone citato perfino da Wikipedia; a due anni dal meraviglioso esordio, la cantautrice britannica concede il bis.
Prima ancora di decantarne le doti vocali, il talento compositivo e la maestria interpretativa bisogna esaltare il particolare che rende Anna Calvi unica: la personalità. E’ proprio grazie al suo temperamento che trova il coraggio di osare con le distorsioni in "Love of my life", oppure di scrivere un pezzo come la title-track - che si sviluppa su tre minuti in crescendo e poi conclude con due minuti di coda strumentale per soli archi. E poi c’è quella scheggia impazzita di "Cry", che parte con grazia e improvvisamente esplode in un impeto di violenza, richiudendosi così in fretta da lasciare l’orgasmo sonoro a metà. Oppure l’enorme "Carry me over", un viaggio armonicamente sublime. I (supposti) confini sembrano crollare davanti alla prepotenza di un estro deciso e risoluto; e così i brani citati sanciscono la superiorità di un’artista che pur rimanendo coerente con il suo credo (radici blues e anima rock) riesce a sorprendere con prodigiose variazioni sul tema.
Le conferme più dirette sono altrove: ad esempio nel maestoso singolo "Eliza", nella poetica "Suddenly" e nella solenne "Bleed into me" - più omologate ma non per questo meno penetranti. Indipendentemente dal punto di vista dal quale lo si voglia osservare e analizzare (evoluzione o riprova), "One breath" merita assoluta attenzione e unanime consenso. Inchini per Anna.
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