2.20.2017

10 band che piacerebbero oggi al cinquantenne Kurt Cobain


Corre voce che quel maledetto giorno di Aprile del 1994 Courtney Love abbia ritrovato sul piatto dell'impianto stereo di casa "Automatic for the people" dei R.E.M.. Fu l'ultimo album ascoltato da Kurt Cobain prima del fatidico colpo di fucile. Kurt adorava i R.E.M., al punto che pare fosse in programma l'incisione di un album acustico insieme a Michael Stipe. Conosciamo anche altri dettagli sulle sue passioni musicali, ed è opportuno aprire la lunga (e piuttosto eclettica) lista con i Beatles, magari sottolineando l'intuibile preferenza per Lennon (associata a un altrettanto logico disinteresse per la scrittura di McCartney). L'elenco prosegue con Queen, Led Zeppelin e Black Sabbath. E poi il punk, naturalmente: dai Clash ai Sex Pistols, dai Black Flag ai Bad Brains. Non dimentichiamoci inoltre dei Pixies, che Cobain aveva confessato di scopiazzare senza vergogna, o delle sue note infatuazioni per Melvins e Sonic Youth. Fin qui tutto scorre. A complicare le cose subentrano nomi come Kiss, Aerosmith e AC/DC – che a ben vedere non stonerebbero nella categoria di band tutte festa-sesso-amore tanto odiate dalla cricca grunge. E che dire di Fleetwood Mac e Electric Light Orchestra, gruppi con una spiccata inclinazione pop? Considerando tutti gli aneddoti a nostra disposizione la tabella potrebbe diventare ancora più intricata e gli indizi sempre meno chiari: il leader dei Nirvana aveva una testa tutta sua, e di conseguenza era attratto da artisti e stili musicali molto distanti tra di loro. Ma siccome mi piace farmi del male, oggi provo a rispondere a una domanda folle: che cosa ascolterebbe oggi, a 50 anni, Kurt Cobain? 


Foo Fighters


Sono decollato senza la minima idea di quale landa desolata possano toccare i miei piedi una volta a terra, quindi concedetemi un atterraggio morbido. Il link è evidente, scontato. Percepisco i vostri “Vabbè, grazie tante” in coro. E credo anche che sia sbagliato considerare i Foo Fighters come il “naturale proseguimento” dei Nirvana. Ma aggirando la spinosa questione “Quanto sarebbero girate le palle a Kurt Cobain se fosse ancora tra di noi e avesse dovuto testimoniare lo strepitoso successo del suo batterista?”, penso che le affinità genetiche tra le due band siano semplicemente troppo forti per essere ignorate. Ascoltate brani come "All my life", oppure "I'll stick around"; confesso di avere più volte messo in pratica il malsano esercizio di immaginarmeli cantati da Kurt. E adoro immaginare che pezzi come questi (ma sono solo due esempi, ce ne sono quanti ne volete) finiscano di quando in quando nel suo stereo lassù, accompagnati da espressioni di stima.


The White Stripes


Qualcosa mi dice che il metodo punk applicato al blues di Meg e Jack White sarebbe andato particolarmente a genio a Kurt. D'altra parte la sua interpretazione di "Where did you sleep last night" di Leadbelly nello storico Unplugged di New York (ma anche in molti altri live precedenti) rivela la sua passione per il blues e in qualche modo si avvicina al suddetto metodo, specialmente quando Kurt mette a dura prova le sue corde vocali urlando a squarciagola l'ultima strofa della canzone.


Weezer


Sono convinto che oltre a riferimenti musicali molto simili (Pixies, Beatles, Sonic Youth e Kiss), le personalità di Rivers Cuomo e Kurt Cobain condividano un tratto importante: l'emotività. La differenza sostanziale sta nel modo in cui la esprimono. Cobain incarna la quintessenza dell'eroe maledetto privo del benché minimo equilibrio, che alterna rabbia a ironia, alti a bassi, momenti di delirio festante a lunghi esili solitari. Cuomo è invece il nerd passionale cresciuto a fumetti e Dungeons & Dragons; segue una dieta vegetariana da una vita, ha dichiarato di essersi astenuto dal sesso per due anni fino al giorno in cui ha sposato l'attuale moglie e insegna meditazione (oltre a scrivere delle bellissime serenate power-pop). Il mio unico dubbio riguarda il peso che avrebbe avuto la marcata influenza dei Beach Boys nel giudizio di Kurt sulla musica dei Weezer, ma mi piace pensare che non sarebbe stato un ostacolo insormontabile.


Queens Of The Stone Age


Qui potrei ricevere la seconda ammonizione per “collegamenti scontati”, dal momento che Josh Homme conosceva i Nirvana e ha perfino dedicato una canzone a Dave e Krist dopo la scomparsa di Kurt (è una delle ghost-track incluse nell'ultimo disco dei Kyuss, la sua band pre-QOTSA). Ma suppongo che il carisma di Homme avrebbe fatto breccia nella sensibilità di Cobain, e l'ostentata ripetizione dei riff che scimmiotta la musica elettronica traslandola in ambito rock – uno dei tanti pregi stilistici dei Queens Of The Stone Age – avrebbe incontrato l'approvazione di Kurt.


The Shins


Con l'album capolavoro “Oh, inverted world” del 2001 hanno rinverdito l'immagine della Sub Pop Records, la storica etichetta di Seattle che stampò "Bleach" e divenne il megafono principale della scena grunge per poi eclissarsi (fino appunto all'avvento dei The Shins). Aldilà di ciò, alla compagine di James Mercer è attribuito il merito di avere colto l'essenza del pop/rock anni 60 riproponendola con un linguaggio moderno, così da renderla più digeribile anche per le nuove generazioni. Kurt avrebbe senza dubbio lodato entrambe le imprese.


Radiohead


“Non voglio fare la fine di Eric Clapton. Lo rispetto, ma non voglio modificare le canzoni per adattarle alla mia età”. E' una frase tratta da un'intervista a Kurt Cobain a pochi mesi dalla fine di tutto, un pensiero che covava un desiderio di freschezza e rinnovamento che per ovvie ragioni non trovò il tempo di concretizzarsi. Che poi coincide con il modus operandi di Thom Yorke e soci: evoluzione continua e sguardo rivolto sempre e comunque al futuro, infischiandosene dei fasti del passato e mettendo sempre in primo piano la voglia di sperimentare nuove strade in musica. Probabilmente Kurt non avrebbe mai svoltato in stile "Kid A", ma le sue parole certificano che è un'attitudine che avrebbe gradito eccome.


Savages


Sarebbe un peccato capitale non includere in questa lista almeno una band formata da ragazze (meglio se incazzate). Ricordiamoci di Miss Cobain (all'anagrafe Courtney Love), ma anche di Kathleen Anna, leader delle Bikini Kill nonché autrice della scritta “Kurt smells like teen spirit” apposta sul muro di casa Cobain con della vernice spray – frase che ispirò il titolo del pezzo che cambiò le regole del rock nei primi anni novanta. Nonostante le Savages prendano le distanze dalla definizione “riot grrrl”, il loro piglio punk sembra proprio in linea con il Kurt-pensiero.


Mogwai


Nel numero di Maggio del 1994 dell'autorevole rivista The Wire, il critico britannico Simon Reynolds coniò la definizione “Post-Rock”. Kurt se n'era andato un mese prima, e non si sarebbe mai confrontato con questa espressione e con tutti i dilemmi ad essa associati (quali band includere in tale genere). Sta di fatto che l'amore di Cobain per la sperimentazione con la chitarra (ascoltare le deliranti "Endless nameless" e "Gallons of alcohol flow through the strip" nascoste in fondo a Nevermind e In Utero) e la sua proverbiale predilezione per i chiaroscuro mi fanno credere che avrebbe senz'altro abbracciato con entusiasmo la scena. Avrei potuto optare per altre band (magari più estreme, anche considerando la registrazione del nostro insieme a William S. Burroughs), ma ho scelto i Mogwai perché a mio parere riescono a toccare le corde e le emozioni giuste, quelle che avrebbero fatto vibrare anche l'anima di Kurt.


Courtney Barnett


Che il nome di battesimo della Barnett coincida con quello della Love è pura fatalità; i motivi per cui includo la cantautrice Australiana in questa lista sono prettamente stilistici. Courtney scrive canzoni in equilibrio perfetto tra punk, pop e rock più classico (con marcate influenze blues). Inoltre sono convinto che Kurt si sarebbe ritrovato nella sua “impassibilità espressiva” (in inglese “deadpan”) e nel suo sarcasmo (vedi il titolo dell'album di debutto: “Sometimes I sit and think, and sometimes I just sit”).


Wilco


Folk in bilico tra classicismi rock e vena alternativa, scivolando talvolta in sperimentalismi vari: la ricetta di Jeff Tweedy e dei suoi Wilco mi sembra la perfetta concessione ai “momenti Fleetwood Mac” di Kurt Cobain.

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