11.13.2011

Coldplay - Mylo Xyloto (2011, Parlophone)


Rock languido alla Radiohead vecchio stampo? Fatto. Cori da stadio modello U2? Fatto. Aperture a sperimentazioni elettroniche e concettuali? Fatto. In 15 anni di carriera i Coldplay hanno emozionato nei modi più semplici e stupito esplorando sentieri meno battuti. Si sono emulati da soli e quando è affiorata la stanchezza hanno avuto la lucidità di reinventarsi. Sono stati idolatrati e sminuiti, odiati e amati. Ma percorrendo una strada tutta loro (dal rock al pop) non si sono mai pentiti, ostentando una personalità forte, indistruttibile. Non è quindi più tempo di aspettarsi rivoluzioni, perché un fatto è certo: qualsiasi creazione nasca dalla mente di Chris Martin e soci è sigillata da una magica aura di credibilità. Le discutibili accuse di plagio e il dito dei fan puntato su alcune derive dance non possono lontanamente scalfire le ambizioni e le convinzioni di una band che non deve più chiedere niente a nessuno, ma che al contrario si può permettere di indicare la via alla musica moderna - sia scalando le chart che rimanendo tra le ben più intime pareti dei propri dischi. Ecco quindi che il quinto album del quartetto inglese riassume adeguatamente tutte le caratteristiche che li contraddistinguono in tre quarti d’ora intensi e - una volta messi da parte i pregiudizi - inattaccabili.

Partiamo dalle certezze: i Coldplay sono bravissimi a scrivere canzoni coinvolgenti che incontrano con facilità il gusto e l’approvazione di un pubblico molto vasto. La formula è ben esemplificata da una ballad epocale come Paradise, che fa leva su un impeccabile arrangiamento orchestrale ed è abilmente insaporita da maliziosi accorgimenti presi in prestito dalle classifiche pop dei giorni nostri. L’abilità compositiva della band non viene a galla solo con pezzi strappa-lacrime: le dimostrazioni si trovano nella freschezza dell’opener Hurts Like Heaven, nel rock incalzante di Don’t Let It Break Your Heart, nella magia del variopinto finale Up With The Birds o in un pezzo solido come Major Minus - il cui ritornello farà certamente fischiare le orecchie a Bono e compagnia bella. Gli schizzi più confidenziali (Us Against The World e U.f.o.) sono brevi ma intensi, mentre gli interludi ci ricordano che Chris Martin ha definito Mylo Xyloto un album concettuale e rendono evidente lo zampino del fidato Brian Eno.

Poi volendo si fa presto a criticare il singolo Every Teardrop Is A Waterfall per il suo riff che strizza un occhio alla dance oppure Princess Of China per il chiacchierato cameo di Rihanna: ma quello che non torna è la facilità con cui si bollano certi pezzi come spudorati o fuori luogo senza pensare che il loro cuore è di ottima fattura. L’apparenza è forse più essenziale del valore della musica? I Coldplay non sono più rock, ma soltanto un’altra band pop che contamina le nostre frequenze con featuring spiazzanti e tributi sfacciati? Il dibattito potrebbe anche andare avanti all’infinito, ma il succo non cambia: comunque la si voglia vedere (e lo ammetto anche io, che vorrei un altro Parachutes da ascoltare alla nausea), questa è un’ennesima prova di forza, bella e buona.

7/10

Highlights: Hurts like heaven, Paradise, Charlie Brown, Us against the world, Princess of China, Up with the birds.


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