7.02.2007

Nine Inch Nails - Year zero (2007, Interscope)

I pro e i contro dell'avere messo alla luce un disco capolavoro sono noti: il rispetto e la stima sono salvi per sempre, ma ripetersi diventa un'impresa molto complicata. E Trent Reznor sa bene che replicare "The downward spiral" non sarà affatto facile: lo si capisce dal numero di brani estratti da quel perfetto affresco del 1994 che continua a proporre nei suoi live. Dopo la citata spirale venne l'ambizioso (ma solo buono) "The fragile", seguito dall'insipido "With teeth" di due anni fa; è ora il turno di "Year zero", concept politico e apocalittico, denso di contenuti crudi e metafore violente in linea con il percorso dell'autodistruzione che ora però non si focalizza su una persona sola, ma apre al genere umano intero. Gli anni non hanno scalfito l'energia della band, che conserva il proprio approccio industrial giocando come sa con distorsioni e ripartenze, curando la dinamica e l'espressione del suono, bilanciando elettrico ed elettronico; quello che a tratti manca, purtroppo, è l'ispirazione. Se un pezzo come "Survivalism" voleva essere una "March of the pigs 2" fallisce abbastanza miseramente, risultando scontato e fin troppo prevedibile; "Vessel" è inutile (per non dire brutta), mentre l'incedere spezzato di "The warning" e quello disco-malattia di "God given" non vanno da nessuna parte. Convincono invece la progressione emozionale di "The beginning of the end", il groove pseudo-funk di "The good soldier", lo strisciare esitante di "Me, I'm not", l'ipnosi angosciosa di "The greater good", gli spasmi cervellotici di "The great destroyer", l'apertura melodica di "In this twilight" e il finale "Zero sum", cupo e toccante.

7/10

Highlights: The beginning of the end, The good soldier, Me I'm not, The greater good, The great destroyer, In this twilight, Zero sum.

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