Non ai livelli di "Angels with dirty faces" e "Three", ma pur sempre una conferma del fatto che questo progetto è una delle realtà migliori del panorama pop odierno.
7/10
Highlights: Push the button, Follow me home, Ugly, Bruised, Now you're gone.
Rock elettronico che risplende per semplicità armonica e una forte componente epico-cinematica.
7.5/10
Highlights: All we go to hell, Follow me home, Were you thinking of me?, People always talk about the weather, Love hides, Soulbitch.
Un motivo in più per credere nel made in italy; come se gli Smashing Pumpkins incontrassero i Depeche Mode in un malinconico e a tratti magico abbraccio.
8/10
Highlights: Something, Serious fun (One o'clock news), Niky, Will hunting, People.
Fioriscono i primi germogli del brit-pop.
8/10
Highlights: Love is blind, Don't you want me anymore, She's dead, Down by the river, My legendary girlfriend.
Decisamente meglio del precedente "Mad season"; sebbene sempre di pop-rock si tratti salta immediatamente all'orecchio la presenza palpabile di una buona vena compositiva e di un suono più efficace e coinvolgente.
7.5/10
Highlights: Disease, Bright lights, Unwell, All I need, Hand me down, Soul.
Pop-rock senza una sua vera dimensione, a tratti decisamente scontato.
5/10
Highlights: If you're gone, Rest stop, Leave.
Sano rock'n'roll. Make up your mind, get in or get out.
7.5/10
Highlights: Bandages, Oh goddamnit, Aveda, In Cairo.
Ottimo synth-rock made in Milano.
7.5/10
Highlights: Something epic, That big lie, To die 4, Catch me.
Funky stuff; l'hip-hop ripulito da pistole-culi-e-droga che viene fuori nel suo spirito originario con taglia e cuci fantasiosi, virtuosismi da professional turntablist e una produzione notevole. Respect.
7.5/10
Highlights: Funky voltron, I see colours, Fumbling over words that rhyme, Beauty, Promised land.
Una voce che sembra provenire direttamente dal paradiso e un songwriting da applausi contaminato da soul, folk, blues, jazz e anche da quelle linee melodiche che hanno fatto la fortuna del trip-hop. Basta ascoltare l'introduttiva "Like a star" per rendersi conto che si ha a che fare con qualcosa di speciale (d'altra parte quando Alessio Bertallot si accorge di qualcosa è sempre bene ascoltarlo attentamente); il singolo "Put your records on" non rende pienamente giustizia al valore della ventiseienne di Leeds, che si esprime in tutta la sua dirompente classe in ballate come "Enchantment" e "Till it happens to you", raggiungendo il culmine con l'inafferrabile, struggente "Choux pastry heart". Sicuramente uno dei dischi del 2006.
9/10
Highlights: Tutto.
Non è facile capire come i Texas riescano ad essere così perfetti in quello che fanno; questo disco racchiude dentro di sè la definizione di "Pop-rock" di gusto. Melodie intrise di malinconia anni 80, arrangiamenti classici ma terribilmente funzionali (oltretutto orchestrati in maniera impeccabile) e quel tocco di elettronica che è esattamente quello che ci vuole per modernizzare il contesto. Solo un paio di tracce più deboli (Get down tonight e Masterthief), per il resto è pura magia.
8.5/10
Highlights: Getaway, Can't resist, What about us, Cry, Sleep, Nevermind, Bad weather.
Suoni avanti.
7.5/10
Highlights: Neuflex, Brootle, C.t.m., The bunker.
We should break using technology; il primo disco di Treva Whateva per la Ninjatune dei Coldcut è tutto in questa frase. Recuperi intelligenti di pezzi dimenticati dal tempo riassestati year-twothousand in un prepotente break-jazz dalla produzione sopra le righe. Se la linea preferita è perlopiù funk (vedi il ruvidissimo groove di Dustbowl e le percussioni salsoul di Driving reign) meritano una citazione la digressione "dub'n'bass" dell'ottima Dedicated V.i.p, il divertente big beat a la Norman Cook di Singalong e l'avventurosa Havana Ball che scherza con ritmi latino americani davvero cheap riuscendo nella difficile impresa di evitare rovinose cadute di stile. A completare il quadro spiccano anche un paio di intermezzi lounge molto ben fatti.
8/10
Highlights: Driving reign, Singalong, Dedicated V.i.p., Music's made of memories, Dustbowl, We have the technology.
Intime ballad emotive e cinematiche che si insediano delicatamente nel subconscio.
7.5/10
Highlights: Satellite anthem icarus, Peacock tail, Day van cowboy, Oscar see through the red eye, Hey saturday sun, Slow this bird down.
Si chiama techno, e Sven di techno ne sa. La produzione è in ottime mani (Alter Ego e Anthony Rother), mentre merita una menzione la comparsata di Miss Kittin nella trashissima cover di "je t'aime (moi non plus)".
7.5/10
Highlights: Mind games, Shock ralley, Ghost (Part 1), Je t'aime (moi non plus), Fire.
Vibrazioni soul da un altro pianeta; si consiglia l'ascolto ripetuto, indispensabile per digerire gli ostici sperimentalismi.
7/10
Highlights: Motion control, Time, Amazing, La bougie.
Onesto pop-rock ben interpretato.
7.5/10
Highlights: Follow through, Chariot, Just friends, Belief, Crush.
Sofferto requiem acustico orchestrato con maestria che passa con disinvoltura dal folk al jazz in una strabiliante coerenza alternative; 16 ballate soffici e tristi ridotte all'osso (la durata media di un brano non raggiunge i 3 minuti) che mostrano il blues nella sua crudele, spietata essenza.
8.5/10
Highlights: Going to your funeral Part I, 3 speed, Last stop: this town, Baby genius, Climbing to the moon, Dead of the winter, The medication is wearing off, P.s. you rock my world.
Back once again con il suo eclettismo old-school d'autore.
8/10
Highlights: Giving up the ghost, Six days, Mongrel meets his maker, Right thing/GDMFSOB, Monosylabic, Blood on the motorway.
John Davis, maestro indiscusso del cut'n'paste, mostra la via con la sua prima fondamentale opera d'arte.
8.5/10
Highlights: Building steam with a grain of salt, Stem / Long stem, Mutual slump, Midnight in a perfect world, What does your soul look like (Part 1).
Instrumental jazz elettronico ultra-compresso. Stile.
7/10
Highlights: Wanda Vidal, A divine image, Theme for Ivory Black, The horse.
Nulla di stravolgente. Ma di sani principi.
6.5/10
Highlights: Buried with friends, Copilot, Taken in sleep.
Malinconico synth-pop made in Uk che si ispira (soprattutto nei ruvidi beat che accompagnano i pezzi) a quello che sta accadendo nella metà degli anni 90 a Bristol e dintorni, preferendo però la leggerezza del reggae allo spleen del trip-hop; melodicamente e metricamente i riferimenti agli Smiths si sprecano, sfiorando il plagio in "Not so manic now" e "Just a girl she said", per culminare in una citazione esplicita di Morrissey in "The day I see you again". Anche per questo, validissimo.
8/10
Highlights: Stars, Just a girl she said, Elevator song, Not so manic now, St. Swithin's day, Disgraceful.